mercoledì 10 dicembre 2014
Matteo Renzi ha scelto di adottare la linea delle “mele marce” per far uscire il suo partito dallo scandalo battezzato Mafia-Capitale. Il segretario del Partito Democratico ha preannunciato che non ci sarà alcuna clemenza per i singoli che si sono resi responsabili di malaffare e corruzione. E ha specificato che questa severità è il frutto naturale della superiorità morale che la sinistra può vantare rispetto a tutte le altre forze politiche.
Nel sostenere questa linea, Renzi non si è discostato neppure di un millimetro da quella seguita dai precedenti gruppi dirigenti del Pd per uscire fuori dagli scandali che da Mani Pulite ad oggi hanno riguardato direttamente o indirettamente la propria area politica. Il rottamatore ha di fatto imitato i rottamati. E lo ha fatto senza minimamente considerare che dal “compagno Greganti”, quello di Tangentopoli e del Mose, a Penati, a Genovese e, via via, al più recente Di Carlo ed ai recentissimi esponenti dei democrats romani implicati nell’ultimo scandalo verificatosi all’ombra del Campidoglio, la tesi delle sole mele marce non regge più agli occhi dell’opinione pubblica del Paese.
Chi si pone come il grande riformatore non può permettersi di ignorare che gli ultimi vent’anni di scandali in cui è implicata la sinistra non possono essere spiegati con la debolezza di qualche infiltrato o qualche mascalzone. C’è un difetto di sistema che produce scandali a raffica e corruzione a catena. E questo sistema è rappresentato dall’uso delle risorse pubbliche ai fini della formazione del consenso a vantaggio del Pd. Nessuno pensa che il mondo delle cooperative, nato con il proposito sacrosanto di favorire i lavoratori più deboli, sia totalmente degenerato fino a diventare la sola ed unica fabbrica di consenso illecito. I canali che utilizzano le risorse dello Stato per tenere in piedi apparati e gruppi espressi dalla sinistra o ad essa collegati sono molteplici. Ma, di sicuro, il sistema delle cooperative, che dall’edilizia all’accoglienza drenano soldi pubblici per essere di fatto degli ammortizzatori sociali del popolo della sinistra, ha responsabilità precise. E queste responsabilità non sono dei singoli, ma sono del sistema.
Chi si propone di riformare il Paese non può ignorare l’assoluta necessità di colpire alla radice questi vizi di sistema. Certo, l’impresa non è facile. Si tratta di abbattere il “Muro delle cooperative rosse” che è sopravvissuto senza scossoni di sorta alla caduta del Muro di Berlino. Ma senza questo coraggio il rottamatore non potrà essere distinto in alcun modo dai rottamati e finirà con il subire, presto o tardi, la stessa sorte!
di Arturo Diaconale