sabato 6 dicembre 2014
L’aspetto più inquietante di tutta la vicenda legata allo scandalo Mafia-Capitale non è che il Comune di Roma rischia di essere commissariato come l’ultimo dei municipi mafiosi o camorristi. E neppure che il panorama politico romano appare devastato come il quartiere di San Lorenzo dopo i bombardamenti del ‘43.
Ciò che è più inquietante e preoccupante è il totale distacco con cui il massimo rappresentante del governo nazionale, cioè il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, ha reagito a quanto sta avvenendo all’ombra del Campidoglio. Nella sua veste di segretario del Partito Democratico il Premier si è limitato a commissariare il partito romano ed affidarlo alle mani di Matteo Orfini. Che sarà pure il presidente dei democrats, ma che non sembra avere la forza e l’autorevolezza necessarie per sgomberare le macerie e ridare vita ad una comunità politica prima sopravvissuta in nome della questione morale ed ora uccisa dalla propria questione immorale.
Nella sua veste di Presidente del Consiglio, invece, Renzi è stato perfettamente immobile. Si è riparato dietro il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, per la questione dell’eventuale commissariamento del Comune. E ha accuratamente evitato qualsiasi intervento su una vicenda che non ha colpito solo una classe dirigente locale ma che è destinata a riflettersi , visto che riguarda non una qualsiasi città italiana ma una Capitale che da duemila anni viene chiamata “caput mundi”, sull’immagine complessiva di tutto il Paese.
Renzi, al momento, sembra avere altre priorità. Prima fra tutte quella approvazione della riforma elettorale che secondo i tanti nemici nasconde la sua intenzione di andare al più presto al voto anticipato per sfruttare le condizioni favorevole date dalla crisi di Grillo, dall’inagibilità politica di Berlusconi e dalla impossibilità di Salvini di diventare immediatamente un sua credibile antagonista. Ma può una vicenda come quella che si sta consumando a Roma non essere una priorità, addirittura assoluta, per chi ha la responsabilità della guida del paese? La risposta è scontata. Non è affidando a Lorenzo Guerini il compito di parlare con il sindaco Ignazio Marino ed a Matteo Orfini l’impresa di riattaccare i cocci del Pd che Renzi può evitare di rimanere colpito dagli schizzi di fango della cloaca romana. Al contrario, proprio sfuggendo apertamente alle proprie responsabilità di segretario nazionale del Pd e di capo del Governo di un Paese che ha Roma come Capitale rischia di apparire agli occhi dell’opinione pubblica nazionale ed internazionale assolutamente inadeguato ai compiti che si è assunto.
Renzi è probabilmente convinto che sia meglio restare lontano dalla devastazione romana per continuare a mantenere intatta la sua caratteristica di “uomo nuovo” non compromesso con il passato ed unico depositario della speranza di cambiamento e di uscita dalla crisi. Ma dopo un anno di Governo in cui non è riuscito a fornire alcuna prova di essere in grado di concretizzare la speranza e realizzare il cambiamento, la vicenda di Roma diventa l’ultimo terreno di verifica della sua presunta capacità di essere all’altezza della situazione.
Renzi, in sostanza, deve sporcarsi le mani per dimostrare di non essere un semplice demagogo. E per farlo non ha altra strada che assumersi la responsabilità di azzerare non solo il partito ma anche il comune ed affidare agli elettori il compito democratico di realizzare la ricostruzione della politica e della amministrazione. Prima delle elezioni anticipate nazionali, quindi, pensi a quelle anticipate a Roma!
di Arturo Diaconale