Napolitano, sospetto dell’ultimo atto

mercoledì 3 dicembre 2014


Ad inquietare non è la decisione del Presidente della Repubblica di rivendicare il diritto di dimettersi quando meglio crede. La sua è una scelta personale. Ed è giusto che la prenda quando lo ritenga più opportuno. Ad inquietare non è neppure la constatazione che il Capo dello Stato possa compiere una scelta diretta apertamente, ed anche platealmente, ad incidere in maniera determinante sulle vicende politiche del momento. Il mandato presidenziale di Giorgio Napolitano è stato costantemente segnato dalla sua ferma determinazione di non limitarsi a svolgere le funzioni di notaio della Costituzione ma di indirizzare la politica nazionale secondo i propri convincimenti ed i propri valori. E sarebbe irrealistico pensare che anche l’atto finale del suo mandato quirinalizio non fosse segnato da questa sua irresistibile tendenza presidenzialista.

Ciò che preoccupa, ma forse anche illumina, è la sua evidente intenzione di usare le sue dimissioni come un puntello per un Matteo Renzi in evidente difficoltà non tanto per il calo di consensi ma per la palese incapacità di fare fronte alla crisi incalzante.

Napolitano, in sostanza, nel chiedere di tenere separata la questione del Quirinale da quella delle riforme, in primo luogo quella elettorale, non vuole far altro che concludere il suo mandato mettendo in sicurezza un Premier che vorrebbe far approvare in fretta e furia l’Italicum per poi dominare la successiva fase dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica con la minaccia delle elezioni anticipate. Elezioni che, dovendosi celebrare con un Italicum modificato unilateralmente sulla base delle proprie esigenze ed a cui non intende apportare alcuna modifica, non potrebbero non sancire il trionfo di Matteo Renzi sui suoi avversari esterni ed interni.

Questa evidente intenzione di Napolitano di aiutare esplicitamente Renzi a costruire il suo regime personale è il frutto della conversione del Capo dello Stato alla teoria secondo cui Renzi è il nuovo “Uomo della Provvidenza italiano”? Oppure è la dimostrazione definitiva che l’attuale Premier non sia affatto l’Uomo della Provvidenza spuntato fuori casualmente e fortunatamente dalle pieghe nascoste della politica italiana ma sia l’uomo di quei poteri forti europei ed internazionali che hanno in Napolitano il loro rappresentante italiano e che attraverso il giovane Renzi contano di normalizzare il paese?

La mossa di Napolitano, in sostanza, avalla il sospetto che Renzi sia solo un Mario Monti senza loden ed in maniche di camicia messo al posto dell’algido professore e del suo imitatore Enrico Letta per svolgere con metodi nuovi e più accattivanti sempre e comunque uno stesso tipo di politica. Quella imposta da quell’europeismo calibrato sugli interessi dominanti della Germania e dei suoi paesi satelliti di cui Giorgio Napolitano è stato il principale e convinto interprete in Italia.

Nessuno, naturalmente, può contestare al Capo dello Stato il diritto di pensare che la stabilità del Vecchio Continente e la sopravvivenza dell’Unione Europea passi attraverso l’egemonia dei paesi del Nord guidati da Berlino. E che questa egemonia di natura virtuosa serva a compiere un’azione di rieducazione per i paesi del Sud incapaci di correggere da soli i loro difetti strutturali. Ciò che si contesta a Napolitano è la mancanza di trasparenza. Perché non dichiarare apertamente che le sue dimissioni hanno e vogliono avere una conseguenza politica precisa? Perché nascondere che servono a continuare a portare avanti il disegno iniziato con la cacciata di Silvio Berlusconi, l’avvento di Monti, la parentesi Letta ed infine con l’esperimento del Peron alla fiorentina in versione filo-tedesca?


di Arturo Diaconale