Una alternativa di centrodestra

giovedì 20 novembre 2014


Com’era scontato che accadesse, i sondaggi cominciano a preoccupare l’entourage renziano. Secondo i maggiori istituti, infatti, il consenso che ruota intorno al Presidente del Consiglio e al suo partito appare in caduta libera. Tuttavia, a parte la Lega Nord di Matteo Salvini, il resto del nostro deprimente panorama politico non sembra approfittare dell’inevitabile calo di popolarità che sta attraversando il new deal dei cantastorie in salsa fiorentina.

Soprattutto i due più grandi partiti d’opposizione, il Movimento Cinque Stelle e Forza Italia, allo stato attuale – anche se per ragioni profondamente diverse – non rappresentano una proposta credibile per contrapporsi al giovane rottamatore di Palazzo Chigi. Discorso leggermente diverso, invece, per il giovane leader del Carroccio il quale, anche in virtù di una certa freschezza e dinamicità, risulta teoricamente più adatto in un ruolo di potenziale competitore dell’altro Matteo nazionale. Tutto questo almeno sulla carta, basandoci unicamente sul posizionamento dei vari soggetti politici.

Il problema nasce però, soprattutto, da un punto di vista prospettico, analizzando la piattaforma programmatica che sta portando avanti da tempo il successore di Roberto Maroni. Una piattaforma priva di alcun fondamento realistico dal lato delle opzioni economiche e finanziarie. Sotto questo profilo, Salvini sembra aver scelto la strada molto pericolosa dell’attuale Presidente del Consiglio, con la quale si ritiene di vincere facile semplicemente sparandola più grossa degli altri. E sebbene dai banchi dell’opposizione sia indubbiamente più agevole e meno rischioso promettere tutto e il contrario di tutto, dopo anni di grandi disillusioni è assai probabile che il cosiddetto elettorato moderato, almeno in una certa parte, guardi con una certa diffidenza chi proponga in modo scintillante l’ennesimo miracolo della botte piena con la moglie ubriaca. Ed è esattamente un miracolo ciò che le iniziative della rinnovata Lega dovrebbero riuscire a realizzare, una volta raggiunta la stanza dei bottoni, visto che si vorrebbe contestualmente uscire dalla moneta unica, abolire la riforma Fornero sulle pensioni ed istituire una surreale flat tax del 15 per cento per tutti i contribuenti, con un costo stimato che sfiora i 60 miliardi di euro.

Ora, dato che i miracoli in economia e in finanza non esistono – a parte quello molto effimero di creare moneta dal nulla – un tale programma se applicato alla drammatica condizione italiana, sempre più alle prese con una “coperta” di risorse molto corta, avrebbe l’unico effetto di farci sprofondare in brevissimo tempo in un profondo baratro.

La verità vera è che una credibile alternativa ai vaneggiamenti del renzismo non può basarsi su illusionismi ancor più scintillanti. Occorre invece avere la pazienza e la lungimiranza di costruire una proposta politica accettabile, basata su una linea comunicativa che abbia finalmente il coraggio di spiegare al Paese che l’epoca della vacche grasse è finita per sempre.

Capisco perfettamente la difficoltà di un tale impegno, principalmente all’interno di un sistema che compra il consenso a colpi di tasse e di spesa pubblica. Tuttavia, se nemmeno nell’area di centrodestra è in grado di svilupparsi un’opzione politica orientata a far leva sul quel senso della responsabilità individuale che ancora resta in Italia, allora non rimane altro da fare che prepararci al peggio.


di Claudio Romiti