mercoledì 12 novembre 2014
La responsabilità civile dei magistrati come lo Jobs Act? La minaccia di uno sciopero delle toghe come il preannuncio dello sciopero generale dei sindacati guidati dalla Cgil? In apparenza sembra proprio che l’Associazione Nazionale Magistrati abbia deciso di allinearsi alle posizioni degli altri sindacati e di passare dalla protesta verbale dei convegni e delle dichiarazioni a quella concreta dello sciopero per contrastare l’azione del Governo guidato da Matteo Renzi. Naturalmente le motivazioni dell’Anm sono diverse da quelle della Cgil. Ma la sostanza sembra essere la stessa.
L’apparenza, però, come spesso capita , inganna. Perché se l’esito delle proteste è lo stesso, cioè lo sciopero, c’è una diversità di fondo che distingue l’azione delle toghe da quella degli iscritti al sindacato di Susanna Camusso e che non consiste nelle differenti motivazioni delle rispettive proteste. Questa diversità è data dalla natura assolutamente differente degli organismi che hanno scelto di proclamare in stato di agitazione. La Cgil è un sindacato, l’Anm è una corporazione. La prima rappresenta centinaia di migliaia di lavoratori del pubblico e del privato, attivi o pensionati che siano, che pone al Governo il problema generale della difesa dei diritti dei lavoratori in una fase di crisi in cui il rischio che il peso delle difficoltà venga scaricato sulle spalle dei più deboli è fin troppo incombente. La seconda rappresenta una categoria che al centro dei propri interessi non pone il problema generale del collasso evidente e clamoroso del sistema giustizia, ma la tutela delle proprie prerogative e dei propri privilegi come se la soluzione della crisi della giustizia passasse attraverso il potenziamento delle stesse prerogative e degli stessi privilegi.
Troppo spesso nel secondo dopoguerra italiano si è fatta confusione tra sindacato e corporazione. Anche perché troppo spesso i sindacati si sono comportati come corporazioni e queste ultime hanno adottato metodi e linguaggi dei sindacati. Ma la differenza è netta. E quel che è più significativo è che questa differenza è perfettamente percepita da un’opinione pubblica che se da un lato avverte la crisi del sindacato ma ne riconosce comunque la funzione, dall’altro considera le corporazioni strumenti di rappresentanza superati dai tempi che svolgono un ruolo di resistenza e di freno a qualsiasi innovazione.
La logica dei rapporti di forza tra le diverse correnti che domina incontrastata all’interno dell’Associazione Nazionale Magistrati impedisce a chi vi ricopre ruoli dirigenziali di comprendere l’errore che si commette nel continuare a difendere ad oltranza la corporazione ed i suoi privilegi. La battaglia contro la responsabilità civile dei magistrati, anche nella sua versione più blanda, è una battaglia di retroguardia che non aiuta la categoria e, anzi, la espone all’accusa, sicuramente ingiusta, di essere la sola ed unica responsabile della crisi generale del sistema giustizia. E lo stesso vale per tutte quelle battaglie che vengono portate avanti non per dare una risposta efficace a questa crisi conclamata ed indiscutibile ma solo per confermare o addirittura aumentare il peso della corporazione sulla società nazionale.
L’errore del vertice dell’Anm è confermato dalla decisione di indire per il 17 gennaio una giornata di confronto pubblico con i cittadini sul tema della giustizia e della sua riforma. Se il confronto sarà effettivamente libero ed aperto la corporazione rischierà una pesante sconfessione da parte di quel pubblico a cui si chiede solidarietà!
di Arturo Diaconale