Governo a tutta birra col Paese inchiodato

sabato 8 novembre 2014


Come ampiamente riportato dalla stampa nazionale, l’Ocse conferma per il 2015 una crescita dell’economia italiana appena sopra la parità. Un più 0,2 per cento che dopo anni di profonda recessione rappresenta un ben magro risultato, soprattutto per un Governo che è nato sulla promessa di una ripresa tumultuosa.

Tant’è vero che, malgrado lo stesso Ocse ci ponga al penultimo posto tra i Paesi del G20, il Premier Matteo Renzi proprio in questi giorni ribadisce la sua ambiziosa intenzione di far cambiare verso all’Italia, facendola diventare la locomotiva d’Europa. Ed in effetti nel nostro orizzonte si intravede qualcosa che sta avanzando a tutta birra, come si suol dire.

Solo che non si tratta della ripresa, bensì di un’ulteriore mazzolata fiscale proprio sulla bionda bevanda, sulla quale gravano imposte già proibitive, rispettivamente 3 e 4 volte superiori a quelle di Spagna e Germania (da questo punto di vista anche l’attuale Esecutivo si ricorda di essere in linea con l’Europa solo quando si tratta di alzarle, le tasse).

E proprio per non essere travolti dall’ennesima spremitura fiscale – con le super-accise renziane si pagherebbe una imposta di 36 euro per ettolitro – i produttori di birra hanno chiesto all’Esecutivo di bloccare l’aumento previsto dal primo gennaio 2015. A tale proposito, le organizzazioni imprenditoriali del settore hanno divulgato un dato allarmante: il crollo del 26 per cento nel consumo di birra registrato nell’ultima estate. Crollo che, a parere di questi ultimi, non può essere addebitato unicamente ad un clima sfavorevole, bensì in gran parte ad una fiscalità settoriale a dir poco feroce.

Tuttavia, conoscendo i gravi problemi di bilancio del Governo in carica, essenzialmente causati da un’impostazione di fondo sempre più elettoralistica, sarà assai difficile che l’appello dei birrai italiani venga accolto. Con la prospettiva di una ripresa ferma al palo, la quale avvicina pericolosamente il voto anticipato, la forsennata esigenza di fare cassa per il duo Renzi-Padoan diventerà sempre più prioritario.

D’altro canto, il furbetto che occupa Palazzo Chigi, avendo puntato tutto sull’effetto trainante della ripresa mondiale, non sembra intenzionato a restare in sella fino al 2018, con il rischio di trovarsi col classico cerino acceso in mano. Molto meglio raschiare il fondo del barile dei debiti e delle imposte, così da poter regalare altri vergognosi bonus alla sua ampia platea di consenso. E se tanto mi da tanto, birra o non birra, per proteggersi dalle prossime mitragliate fiscali dell’Esecutivo che abbassa le tasse, non resta che metterci l’elmetto.


di Claudio Romiti