La ricchezza contabile del Premier Renzi

sabato 11 ottobre 2014


Come mi ritrovo spesso a scrivere, considero profondamente sbagliata la linea del Governo Renzi, sostanzialmente basata su un ingiustificato ottimismo della ragione, con qualche operazione di maquillage fatta passare per svolta epocale. Ma sul piano dei nodi sistemici di un Paese squilibrato dal lato del controllo pubblico delle risorse, che potremmo definire collettivismo strisciante, il cambiamento renziano non sembra in grado di spostare una virgola. Lo dimostra la fuga del commissario alla spending review Cottarelli, dovuta essenzialmente alla volontà del premier di non seguire i pur blandi suggerimenti di quest’ultimo sul piano dei tagli.

Ovviamente, anche se nell’ultima e molto morbida intervista televisiva concessa a Nicola Porro su Rai 2 – un canale che trasuda renzismo in modo copioso – il Premier ha tenuto a precisare che l’ultima cosa che cerca è proprio il consenso, analizzando la cura con cui egli si tiene alla larga dai grandi capitoli di spesa del nostro elefantiaco Stato, appare più evidente che per tenersi stretto il suo 41 per cento di voti Renzi non si farebbe scrupolo alcuno nell’ introdurre qualche altra vagonata di tasse e di patrimoniali, nonostante la sovrabbondanza che ci sta letteralmente soffocando.

A tal proposito, sempre valutando le cose dette da Porro, particolarmente inquietante mi è sembrata la riproposizione di una vecchia sciocchezza la quale per alcuni anni, occorre dirlo, ha fatto parte del patrimonio di illusioni del defunto centrodestra. Una sciocchezza autoconsolatoria che si basa su un dato puramente contabile, secondo il quale la ricchezza privata degli italiani sarebbe proporzionalmente la più alta d’Europa, o comunque tra le più alte.

Ora, sebbene il ragionamento espresso da Renzi fosse finalizzato ad esortare gli italiani ad aumentare la domanda, presupponendo un molto ipotetico eccesso di risparmio, non vorrei che nel cervello del un premier, alla perenne ricerca di una ideona per uscire dalla crisi , maturasse la convinzione secondo cui qualche ulteriore sforbiciatina, così come ha già fatto con gli investimenti finanziari, al “ricco” patrimonio dei suoi sudditi potrebbe essere tranquillamente tollerata.

Ma, al di là delle vere intenzioni del Presidente del Consiglio, sarebbe il caso che la si smettesse di raccontare questa favola basata su una ricchezza molto teorica, trattandosi in gran parte di beni immobiliari, già fin troppo massacrati da una montagna di gabelle. Soprattutto per un Paese privo di materie prime, la vera ricchezza è costituita dal lavoro produttivo, quello che realizza beni e servizi che siano appetibili sul libero mercato per intenderci. E quando ci si trova di fronte al dato agghiacciante di una disoccupazione giovanile che galoppa verso il 50% mi sembra evidente, caro premier, che non possiamo certamente immaginarci un futuro in cui per sbarcare il lunario le famiglie italiane siano costrette a vendersi a prezzi stracciati le proprie abitazioni.

Anche perché quando, per l’appunto, non si produce ricchezza reale a sufficienza i prezzi di ogni cosa tendono a tracollare. Ma questo è un passaggio logico che risulta molto ostico per chi è cresciuto a pane e politica ed è, proprio per questo, abituato a consumare le stessa ricchezza e non certamente a produrla.


di Claudio Romiti