I crediti... spaziali di Matteo Renzi

giovedì 11 settembre 2014


Anche nella cosiddetta terza Camera di Bruno Vespa il premier Matteo Renzi ha dato sfoggio delle sue indubbie capacità di incantatore di serpenti, frastornando il telespettatore più resistente con una valanga di chiacchiere. Sparando a zero contro i presunti gufi, rei di sputare solo sentenze senza tuttavia fare nulla per cambiare il Paese, il rottamatore ha sparso a piene mani il suo oramai ben noto ottimismo della volontà. Incurante dei nodi sistemici che affliggono quasi alla cancrena la nostra “democrazia di Pulcinella”, ad ogni problema sollevato dai suoi interlocutori il rampatissimo leader fiorentino ha risposto con una soluzione stupefacente, tale da far muovere velocemente i treni sol con la forza delle sue teorie salvifiche.

In particolare, su questo piano mi ha colpito la faccia di bronzo del Presidente del Consiglio quando si è trattato di onorare la famosa scommessa fatta in primavera col conduttore di “Porta a Porta”, circa lo sblocco totale dei crediti vantati dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione. Ebbene, sostenendo di aver praticamente vinto la scommessa - la cui penale prevedeva un lungo pellegrinaggio a piedi -, Matteo Renzi ha spiegato nei dettagli il meccanismo che il suo governo ha realizzato per riuscire a sborsare la relativa valanga di quattrini. In sostanza si tratta dell’ennesima versione del cosiddetto gioco del cerino acceso, che sul piano finanziario somiglia maledettamente ad una vera e propria cartolarizzazione del credito.

Nei fatti, con questo surreale strumento, le imprese, dopo essersi fatte certificare la somma spettante su un sito del Ministero delle Finanze, potranno cedere il credito medesimo ad una banca, la quale se lo caricherà sul suo groppone con un tasso di sconto che andrà dall’1,6% all’1,9%, a seconda della cifra da finanziare. E non è finita, lo Stato avrà tempo fino a cinque anni per ricontrattare le modalità di rimborso con gli istituti che hanno acquistato i crediti, che possono arrivare a 15 nel caso dovesse intervenire la Cassa Depositi e Prestiti, ossia l’ente che gestisce il risparmio postale.

Ora, questa colossale operazione di rimborsi facili messa in campo da Renzi non può che determinare un ulteriore aumento del nostro sempre più inesigibile debito sovrano, cresciuto in questi mesi di miracoli renziani di altri 63 miliardi di euro, mettendo in circolazione nuove lenzuolate di obbligazioni pubbliche sotto forma di crediti ceduti alle banche. Ma per il mago di Palazzo Chigi, uso a moltiplicare pani e pesci a giorni alterni, pagare i debiti contraendo altri debiti è roba da niente. Qualche problemino, semmai, si potrà avere nel caso che un’ondata di sfiducia sulla solvibilità dello Stato italiota spingesse i possessori di tali obbligazioni a passare all’incasso. A quel punto ci vorrà qualcosa di più efficace dei miracoli per salvarci dalla bancarotta.


di Claudio Romiti