mercoledì 10 settembre 2014
Al “Patto del Tortellino” nessuno dei sottoscrittori ha mangiato tortellini per questioni di dieta e di salute. Alla Festa dell’Unità tutti c’erano, ma è mancata l’Unità, quotidiano storico che ha chiuso i battenti e che non si sa se riuscirà mai a riaprirli (auguri!).
Ma, soprattutto, sul palco bolognese c’erano i rappresentanti dei principali partiti socialisti europei, il tedesco Post, lo spagnolo Sanchez, il francese Valls (che non è capo partito ma capo del governo socialista scelto da Hollande) e l’olandese Samsom. E di tutto si è parlato tranne che di Europa, di come dovrebbe essere e di quale politica estera dovrebbe portare avanti in una fase storica così drammatica come quella attuale.
Ciò che è rimasto della giornata che, per le presenze qualificanti dei principali esponenti socialisti europei, avrebbe dovuto rappresentare l’occasione per fornire all’opinione pubblica europea un indirizzo chiaro su come l’altra metà del cielo politico continentale vuole passare dall’Europa dell’economia a quella dell'unità politica, è stata solo la fotografia delle bianche camicie di Renzi e dei suoi ospiti. Cioè grande apparenza, ma nessun contenuto. Può essere che ognuno dei dirigenti socialisti che hanno firmato il patto dei tortellini senza mangiarli e che hanno passeggiato tra gli stand di un’“Unità” lasciata morire, abbiano in testa una qualche idea sul futuro dell’Unione Europea. Ma non l’hanno esposta. Si sono limitati ad inneggiare al cambiamento testimoniato dai loro dati anagrafici e non sono andati oltre. In tutto simili a Matteo Renzi che, dopo essersi contornato di un tedesco, di uno spagnolo, di un francese e di un olandese, ha pronunciato un discorso tutto dedicato, oltre alla solita polemica contro i gufi, alle questioni interne del Partito democratico. Una delusione? Nient’affatto. Semmai una doppia conferma.
La prima è che la vera innovazione nella linea dei socialisti europei è la scoperta del marketing politico, quello che prima di loro aveva abilmente utilizzato in Gran Bretagna Blair sull’esempio del modello americano. Per cui è più importante una foto in pantalone scuro e camicia bianca che evoca gli spot pubblicitari dei profumi maschili piuttosto che l’illustrazione di un progetto articolato di cui ben pochi comprendono qualcosa. La seconda è che sotto la camicia non c’è un bel nulla. Nel senso che al marketing politico realizzato ormai con grande abilità e competenza non corrisponde nessuna vera innovazione politica. Non una strategia comune dei socialisti europei per affrontare la crisi economica. Tanto che Renzi ha sostenuto che ognuno elabori un modello sulla base delle specificità dei rispettivi Paesi. E nessuna indicazione sul terreno di una politica estera dell’Unione Europea nei confronti delle grandi questioni sul tappeto. Dalla crisi ucraina alla sfida dell’Isis fino alla questione delle questioni rappresentata dal rapporto che la Ue deve instaurare con gli Stati Uniti ormai divenuti interventisti ed isolazionisti a fasi alterne.
Questa crisi di idee non riguarda solo i socialisti europei. Sul terreno della politica estera anche i conservatori ed i popolari non sanno che pesci prendere. Ma per i socialisti è più grave. Perché la loro tendenza a buttarsi sull’apparenza del marketing provoca automaticamente la riproposizione senza modifiche di sorta delle antiche strategie della solita sinistra europea statalista e post-marxista. Quella che, come Renzi, considera la manovra degli 80 euro una operazione sociale fatta al fine di redistribuire la ricchezza. E che nasconde l’incapacità di andare oltre questo schema antico con la polemica generazionale contro le burocrazie da lei stessa create.
Niente delusione, allora. Semmai una grande preoccupazione per un futuro che né Renzi né i suoi boys sanno come costruire!
di Arturo Diaconale