La Bce e il baratro dell’inflazione

sabato 6 settembre 2014


Essendo gran parte dell’informazione, al pari del resto della società, formata da credenti nella religione keynesiana – quella che per intenderci guarda lo sviluppo solo dal lato della domanda aggregata – gli ultimi provvedimenti della Bce di Draghi non poteva che scatenare un coro di reazioni trionfalistiche. In particolare, l’idea di stampare nuova moneta e cartolarizzare di fatto i debiti dei Paesi più spendaccioni della zona euro, producendo ovviamente ulteriore liquidità, ha mandato in brodo di giuggiole chi invoca da tempo l’uso di misure cosiddette non convenzionali da parte della Banca centrale europea.

Ma in realtà, come ben sanno le persone dotate di un minimo di buon senso e di competenza, la pericolosa ricetta inflazionistica che si è deciso di adottare rappresenta solo una droga per i relativi sistemi economici. Una droga che ha solo la capacità di regalare del tempo, ma non è in grado di risolvere i problemi strutturali che si trovano a monte dei vari squilibri sistemici.

Tempo prezioso che dovrebbe proprio essere utilizzato dagli Stati canaglia della zona euro, a cui l’Italia appartiene a pieno titolo, per intraprendere le necessarie riforme, cercando di sanare in tutto o in parte i citati squilibri interni. Ciò dovrebbe in primo luogo migliorare la competitività complessiva dei singoli Paesi, favorendo un deciso miglioramento dei bilanci pubblici per mezzo di una politica di riduzione della spesa a fronte di un contestuale abbattimento della pressione fiscale. In tal modo si getterebbero solide basi per riassorbire l’ennesima inondazione di liquidità attraverso una forte ripresa dell’attività economica.

Se invece la politica degli incantatori di serpenti, in cui noi siamo i campioni, dovesse utilizzare l’ossigeno cartaceo di Draghi per dilatare ulteriormente i confini della spesa corrente, con l’unico scopo di ottenere maggiore consenso, l’effetto repubblica di Weimar e l’esplosione di tutta una serie di bolle speculative spazzerebbero via ogni residua speranza di salvare il sistema dell’euro. Renzi & company sono avvertiti.


di Claudio Romiti