Il bucato dei marò: ambasciata in crisi

martedì 5 agosto 2014


I panni sporchi si lavano in famiglia. Questo insegna la saggezza antica. Nulla, però, la stessa saggezza dice a proposito di come vadano asciugati i panni, una volta lavati. Perciò, ognuno si arrangia come può.

Anche Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i nostri due ragazzi fucilieri di marina sequestrati “contra legem” dalle autorità indiane, fanno quello che possono. Già! Perché sotto la scorza di uomini duri, abituati a cavarsela sopravvivendo con ogni mezzo “behind enemy lines” - dietro le linee nemiche - hanno anche loro elementari esigenze, tutte umane, da soddisfare. Per stare lì in India da oltre due anni, lontani dalla patria e dalle famiglie, si sono dovuti organizzare. Al mattino rifanno i letti in cui dormono, rassettano la stanza e, quando occorre, fanno anche il bucato.

Ora, accade che, una volta lavati, i capi intimi devono pur essere appesi da qualche parte ad asciugare. Per loro sfortuna, e non certo per scelta, i due marò sono costretti a vivere, da reclusi, all’interno dell’ambasciata italiana a New Delhi. Per risolvere il problema dell’asciugatura del bucato hanno appeso un filo fuori della loro abitazione, facendo qualche buco nel muro. Pare, però, che la cosa non sia piaciuta all’ambasciatore italiano, Daniele Mancini, che alloggia nella stessa residenza. O meglio, si vocifera che chi abbia fatto fuoco e fiamme, per quel filo appeso al muro, sia stata la consorte dell’ambasciatore, la signora Annarita De Luca. Bisogna comprenderla. Non è che la coabitazione sia facile con la bassa forza. Nascono sempre problemi. Beninteso non è che siano costretti a stare in quattro in una stanza. La residenza dell’ambasciatore è una villa principesca immersa in un parco. I due marò sono alloggiati in una dependance, defilata rispetto al corpo centrale della villa. Poi c’è il parco di mezzo che li separa. Eppure anche uno spazio del genere può, a distanza di tempo, risultare angusto. È una questione di punti di vista. Accade allora che il nostro ambasciatore, forse per rasserenare la consorte, abbia dato disposizione di ripristinare lo stato dei luoghi facendo ridipingere il muro violato dal filo per i panni, messo in bella mostra dai marò. Che sensibilità! D’altro canto, come si poteva pensare che la signora De Luca potesse passare indenne dalla vista della “Stanza blu” della residenza che occupava quando il marito, nel 2006, era ambasciatore d’Italia in Romania, impreziosita dalle opere della pittrice Igina Colabucci Balla, alle mutande di Salvatore e Massimiliano messe a garrire al vento? Appunto! Non poteva.

Da qui l’impellenza dell’intervento conservativo. Piccolo particolare: la spesa di quella ritinteggiatura, per un ammontare di 400 euro, è stata richiesta al ministero degli Esteri come rimborso per “spese straordinarie”. La vicenda, rivelata da un’attendibile fonte giornalistica, ha fatto il giro del mondo. Probabile che anche alla Farnesina abbiano temuto che si trattasse di un’ennesima trovata di quelli di “scherzi a parte”. Invece, pare che sia tutto vero.

Se la notizia dovesse essere confermata, viene spontaneo fare alcune osservazioni, niente affatto tenere. In primo luogo, pagare in India, dove notoriamente la manodopera costa niente, 400 euro per un’imbiancata appare un’enormità. Lì con la stessa cifra si rifanno gli intonaci del grande tempio di Ellora. Non vorremmo dover pensare che la richiesta di rimborso spedita dall’India si sia gonfiata come una mongolfiera per effetto dei venti monsonici. Se così fosse dovremmo forse temere che anche le altre spese subiscano lo stesso effetto atmosferico? La “Farnesina” farebbe bene a vederci chiaro. Magari ordinando un’ispezione contabile. In secondo luogo, la fonte giornalistica rivela che l’ambasciatore Mancini e consorte siano “infastiditi” dalla presenza obbligata dei due marò. Dobbiamo ricordare all’ambasciatore che quella lì non è casa sua ma della Repubblica Italiana, per cui Girone e Latorre hanno il diritto di starci, come lo ha lui con la sua consorte. La signora de Luca se ne faccia una ragione. Altrimenti, può sempre optare per un trivani accessoriato a Thimphu, capitale dello Stato del Bhutan, che pure ricade nella giurisdizione della delegazione affidata al marito. In ultimo, vorremmo dire al nostro ambasciatore che ci ha proprio deluso. Da uno come lui francamente ci si aspettava più classe nel gestire la vicenda. Ma come? Con uno stipendio da capogiro e una lista di benefits lunga un chilometro era proprio necessario mettere in conto all’amministrazione quei quattro soldi della tinteggiatura? Visto che era stata la sua signora a piantare la grana, non poteva lui aprire il portafoglio e pagare? Un gesto elegante sarebbe stato quello di dire: “Tranquilli ragazzi, penso io a sistemare le cose e chiudiamola qua”.

Invece, se i fatti stanno come li ha riferiti la stampa quotidiana, Mancini ha preferito fare la figura dell’accattone. Tanto, paga Pantalone! Poi ci meravigliamo che all’estero hanno scarsa considerazione degli italiani. Se questi sono i loro migliori rappresentanti, penseranno, figurarsi gli altri.


di Cristofaro Sola