L’inadeguatezza del Governo Renzi

venerdì 4 luglio 2014


Non sarà la riforma del Senato a provocare la riduzione del debito pubblico, che peraltro continua a salire in maniera inarrestabile. E non sarà una riforma della Giustizia, ancora tutta da definire da parte di chi si propone di realizzarla entro settembre, a far ripartire l’economia riducendo il tasso altissimo di disoccupazione e rilanciando una produzione che non solo langue ma che tende sempre di più a scendere verso livelli impensati. Naturalmente la riforma del Senato e quella della Giustizia sono indispensabili. Ed è necessario che vengano effettivamente portate a compimento eliminando quel bicameralismo perfetto che era stato inventato dai Padri Costituenti come vaccino contro il rischio di nuove avventure dittatoriali e per eliminare quelle storture che producono giustizia ingiusta causate da quarant’anni di cultura e di legislazione emergenziale.

Ma la riforma del Senato e quella della Giustizia, per essere efficaci, debbono essere di segno esattamente contrario a quello indicato dall’attuale Esecutivo. E debbono puntare ad abolire il Senato ed a determinare una svolta antigiustizialista nel sistema giudiziario. E, soprattutto, non possono esaurire lo sforzo riformatore del Governo e dell’intera classe politica italiana. Perché, altrimenti, debito pubblico, disoccupazione e recessione continueranno a crescere. E non sarà l’indubbia capacità comunicativa di Matteo Renzi a convincere i severi guardiani del rigore dell’Europa del Nord a consentire al nostro Paese di perseguire la ripresa continuando a caricare di debiti le future generazioni italiane.

La lezione ricevuta a Strasburgo dovrebbe spingere il presidente del Consiglio a chiudere in fretta il capitolo delle riforme che non incidono sull’economia e ad affrontare il più rapidamente possibile il tema delle riforme per la crescita. Renzi non ha più tempo da perdere su questo fronte. Perché il credito che si è costruito con le sue continue promesse nei confronti dell’opinione pubblica non durerà all'infinito. E, anzi, può rapidamente trasformarsi in delusione e discredito se alle parole non dovessero seguire fatti concreti e risolutivi. Ma per passare dalle riforme di facciata a quelle di sostanza il premier deve risolvere una questione politica di primaria importanza.

Il rilancio dell’economia non si esaurisce con un discorso a braccio o con una comparsata a “Porta a Porta”. Comporta uno sforzo gigantesco, misure coraggiose e, soprattutto, provvedimenti di segno radicalmente contrario a quelli che la sinistra italiana ha sostenuto e preteso nel corso degli ultimi decenni. Ma, soprattutto, pretende una coesione politica della comunità nazionale che non può essere assicurata da una compagine governativa in cui il ruolo dominante è coperto da un partito che ha gruppi parlamentari pieni di nostalgici della spesa pubblica indiscriminata ed in cui il resto della coalizione è formato da partiti ormai privi di reale rappresentatività.

Renzi non può illudersi e far illudere con il successo elettorale europeo. Per affrontare la madre di tutte le riforme, che è quella per il rilancio dell’economia, deve obbligatoriamente risolvere il nodo dell’inadeguatezza politica del proprio Governo. Un’inadeguatezza che può essere eliminata solo passando ad una coalizione più ampia tenuta insieme dalla consapevolezza che solo un grandissimo sforzo comune nella direzione della liberalizzazione delle energie ancora esistenti nel Paese può evitare il tracollo definitivo. Non si tratta di rilanciare le larghe intese. Si tratta di puntare più in alto. Ad un patto straordinario per la salvezza dell’Italia!


di Arturo Diaconale