La controriforma della Giustizia

mercoledì 2 luglio 2014


Non c’è nessuno che non voglia dimezzare i tempi della giustizia civile, ridurre al massimo il gigantesco arretrato del contenzioso civilistico, accorciare la durata dei processi, riformare il Consiglio Superiore della Magistratura ed informatizzare il sistema giudiziario nazionale. Formulare simili indicazioni non significa fissare delle linee guida, ma manifestare dei semplici, seppur sacrosanti auspici.

Qualcuno dovrebbe spiegare a Matteo Renzi che non basta indicare gli obbiettivi da raggiungere per realizzare una qualsiasi riforma. Bisogna fissare le strade concrete che debbono essere percorse per raggiungere i traguardi prefissati. Senza compiere questa indispensabile operazione non c’è riforma, ma solo una presa per i fondelli dell’opinione pubblica. Non c’è alcun pregiudizio nel sostenere che le linee guida sulla riforma della giustizia indicate dal presidente del Consiglio rientrano perfettamente nella categoria della presa per i fondelli della società italiana. L’assenza di qualsiasi indicazione e spiegazione su come dovrebbero essere articolati i provvedimenti che dovrebbero risolvere, almeno in parte, i problemi della giustizia italiana, giustifica in pieno la sensazione che la riforma della giustizia del giovane premier sia l’ennesima turlupinatura demagogica compiuta a danno dei cittadini del nostro Paese.

Ma su una questione come quella della giustizia la truffa non può essere asettica e priva di conseguenze. Una falsa riforma del sistema giudiziario non può non aggravare i problemi che avrebbe dovuto risolvere. Il ché, nel caso della giustizia, significa semplicemente proseguire ed accentuare la deriva giustizialista che da vent’anni a questa parte domina incontrastata la scena politica. Renzi, in sostanza, non è un riformista ed un innovatore ma è solo un tragico continuista. Che non avendo il coraggio di invertire la rotta e passare dalla fase giustizialista a quella garantista, invece di realizzare una riforma si accinge a produrre una vera e propria “controriforma”, tesa a completare il passaggio dallo stato di diritto alla stato di polizia teorizzato dai manettari e dai forcaioli vecchi e nuovi.

La promessa di una maggior tutela della privacy non deve trarre in inganno. Gli unici aspetti concreti delle linee guida riguardano il ripristino del falso in bilancio, la riduzione dei tempi della prescrizione e la possibilità data ai pubblici ministeri di prolungare a proprio piacimento le indagini. La lobby dei magistrati giustizialisti viene così soddisfatta. Ma in questo modo si pone l’intero mondo dell’economia alla mercé di qualsiasi procuratore in vena di protagonismo e si abbandonano i cittadini alla totale discrezionalità di una magistratura di fatto legibus soluta.

Non stupisce che Renzi sia così prono al giustizialismo dominante. In fondo la sua cultura ha solo un’infarinatura liberale sotto cui si nasconde una matrice dossettiana che è impregnata di intolleranza di stampo controriformista. Ciò che stupisce è che il falso profeta riformista non venga ancora smascherato e che una parte dell’opinione pubblica continui ad illudersi di avere finalmente trovato l’Uomo della Provvidenza capace di salvare il Paese a colpi d’innovazione.

Presto o tardi, però, anche i più illusi dovranno prendere coscienza che gli abiti riformistici del demiurgo sono inesistenti e che il premier è nudo. Quello sarà il momento per una vera riforma della giustizia, momento da preparare cancellando la controriforma renziana. A colpi di referendum!


di Arturo Diaconale