sabato 21 giugno 2014
Ma il testimone di un processo deve capire il senso delle domande che gli vengono rivolte? Secondo Giovanna Ceppaluni, la presidente del Tribunale di Napoli dove si svolge uno dei processi a carico di Walter Lavitola e dove è stato ascoltato come testimone Silvio Berlusconi, la risposta è negativa. Non c’è alcun bisogno che il testimone capisca il senso delle domande. Deve rispondere e basta!
L’illogicità dell’opinione del magistrato napoletano è fin troppo evidente. Al punto da far pensare che la pretesa di avere testimoni inconsapevoli nasca da una qualche forma di ostilità pregiudiziale nutrita dalla Ceppaluni nei confronti del Cavaliere. L’ipotesi non è affatto peregrina. Mezza Italia farebbe carte false per poter strapazzare Berlusconi, per poi potersene vantare per il resto della vita. E non ci sarebbe nulla di strano se in questa mezza Italia figurasse anche la presidente del tribunale partenopeo. Se così fosse, sarebbe anche accettabile. Ciò che è avvenuto a Napoli sarebbe uno dei tanti episodi di particolare ostilità nutrita da alcuni magistrati nei confronti di Berlusconi. E ci sarebbe solo da valutare se la replica dell’interessato debba o non debba usufruire dell’attenuante della evidente provocazione.
Ma è proprio certo che l’illogicità manifestata dalla Ceppaluni possa essere derubricata a semplice manifestazione di antiberlusconismo istintivo? Il timore che ci sia molto di più è forte. È tanto inusuale, infatti, che un normale cittadino chiamato a deporre in un’aula di giustizia possa essere trattato come un oggetto passivo e subordinato invece che come un cittadino provvisto della pienezza dei propri diritti? Ed è tanto anomalo che il popolo italiano in nome del quale viene amministrata la giustizia venga considerato dalla casta degli ottimati in toga come una plebe priva di qualsiasi tutela e garanzia? Dietro il pregiudizio antiberlusconiano, in sostanza, c’è la fondata preoccupazione che si nasconda un’inquietante patologia della Magistratura e, di conseguenza, della giustizia del nostro Paese. Una patologia che non riguarda solo la durata dei processi o gli organici dei giudici. Ma che tocca l’intero sistema giudiziario nazionale. Da riformare alla radice con un processo di democratizzazione che elimini le caste e riconosca una volta per tutte i diritti e le garanzie dei cittadini. Che se chiamati a testimoniare hanno il pieno diritto di capire le domande a cui rispondere!
di Orso di Pietra