sabato 31 maggio 2014
Sostiene Michele Santoro in tivù che Beppe Grillo ha perso, e ha sbagliato tutto, anche dopo il voto, incontrandosi col finto umorista e autentico reazionario Nigel Farage, figuriamoci! Il boss pentastellato replica che le cose stanno al contrario: ho vinto! Luca Telese, dal canto suo, non manda a dire a Giovanni Toti che, insomma, com’è come non è, Forza Italia (FI) ha perso e deve pensare al futuro. Certo, risponde Toti: abbiamo appena incontrato Matteo Salvini perché siamo in sintonia, da mo’… Già, uno nel Partito Popolare Europeo (PPE), l’altra con la Le Pen e Wilders, complimenti. Più sobri quelli del Nuovo Centrodestra (Ncd, sigla orrenda il cui inventore meriterebbe 100 frustate!) che, almeno, hanno vinto la scommessa dell’esistenza. Ma pure loro devono pensare alla sopravvivenza indicata da un’insolitamente pacata Nunzia De Girolamo in un soggetto ampio ma omogeneo, non estremo ma moderato, ecc, ecc. E vai col “dibattito” che, in genere, è lo stesso di quella “Gabbia” di simpaticamente innocui mattoidi di Gianluigi Paragone.
In realtà, ha ragione Carlo Freccero, analista dei media, quando critica severamente il dopo-elezioni con cui i partiti, non tutti ma quelli che le perdono, sprecano il tempo a recriminare, a litigare ed a sfottersi. Leccarsi le ferite è un conto, sfasciarsi è un altro. E basta una scorsa agli iperagitati talk-show per capire almeno due cose: la prima è che, appunto, la rissa continua ed è per di più interna ai partiti, la seconda è che i partiti stanno assomigliando sempre più ai talk, non ammettendo mai di avere toppato. Il caso dei grillini è a parte. Fermo restando che il countdown delle rese interne è iniziato e condurrà a un risultato divisorio che gioverà molto al vincitore, Matteo Renzi. E allora, di che stanno parlando e perdendo tempo i vari spezzoni alla sua destra pur consapevoli che quel 40 per cento è un muro peggiore (per loro) di quello di Berlino? Più Muro del Pianto, si parva licet.
Ma siccome non esiste situazione perdente al mondo che non sia rovesciabile in una riscossa (proverbio del nobile ju-jitsu), il fermarsi, tacere, pensare e aspettare per qualche settimana farebbe soltanto bene. Aspettare innanzitutto che le ferite si rimarginino o che determinino movimenti/spacchettamenti che soltanto dopo riflessioni/autocritiche lunghe potrebbero condurre ad aggregazioni o riaggregazioni.
Il punto dolente del centrodestra è il suo partito più grosso, Forza Italia, che storicamente ha costituito un baricentro/contenitore ma tale non è più proprio da quando è ritornato a chiamarsi FI e non più Popolo della Libertà (Pdl). La cui crisi, peraltro, è la stessa del suo leader, ma al netto dell'accanimento antiberlusconiano, che pure ha avuto un ruolo importante nel declino. La crisi è politica. E forse, anzi senza forse, lo sa il Cavaliere che non ha accompagnato Giovanni Toti, Renato Brunetta e Paolo Romani più che a firmare due referendum banali a enfatizzare, inchinandosi a una vittoria di una Lega che il trascinatore, Salvini, ha salvato dal baratro ma con percentuali oggettivamente modeste, anche all'ex loro Nord Nord-Est, dove Renzi ha stravinto.
Silvio Berlusconi non c’era a firmare, forse intuendone il passo falso, ma il passo, ancorché piccolo, è stato fatto. Cui prodest? Non servono a niente simili passaggi che appartengono a momenti pre-elettorali e non post, quando invece serve la riflessione, funzionale alla costruzione di case-cose nuove sulla base di un progetto di ampio respiro,seriamente liberale, innovativo, anticorporazioni, antiburocratico, antistatalista, con una giustizia giusta, dentro l’Europa in crescita e non delle tasse, in un concerto internazionale attento. E del sistema elettorale in fieri, che si pensa? Che si dice di un “Italicum” che potrebbe essere la tomba non solo di piccoli partiti ma di tutta un’area, per almeno dieci anni? Era questo che volevano i due contraenti al Nazareno? Certo, occorre la ricerca di omogeneità di idee e di proposte su cui poggiare un'iniziativa convinta e convincente che metta in archivio le fatali sommatorie matematiche. Ma col Simil Porcellum sullo sfondo? Per andare dove? E con chi? Cui prodest? Quando, senza le obbligate riflessioni e rinnovamenti radicali, le percentuali di FI potrebbero scendere ulteriormente? Il problema di Angelino Alfano e di Maurizio Lupi, ecc. è diverso, nonostante la indubbia vittoria della vita, cioè dell’esistenza europea. Il problema sta nella duplice, opposta attrazione operata dal sole renziano e dalla luna berlusconiana. Resistervi non sarà facile, tanto più che la presenza attiva di un Pier Ferdinando Casini cui nessuno può negare un’indubbia professionalità (e passione) politica, potrebbe costituire un’occasione favorevole alla riprogettazione di una piattaforma politica. Ma la prudenza è d’obbligo per chi è rimasto ustionato.
Sole e luna attraggono, ma anche respingono, allontanano. Uscire dalle loro orbite si rischia di precipitare, satellizzarvi si scompare. Il fatto è che la luna è calante. E il sole accecante. Pensaci, Giacomino...
di Paolo Pillitteri