Lo tsunami-Renzi e la fine degli alibi

mercoledì 28 maggio 2014


A mente fredda si possono chiaramente comprendere le ragioni politiche che hanno determinato il travolgente risultato del Partito democratico di Matteo Renzi alle elezioni europee. Su tutte mi sembra di poter dire che spicchi la mancanza di un’accettabile offerta politica alternativa a quella del rottamatore.

In sostanza l’elettore medio, costretto a scegliere tra l’illusione della speranza offerta dall’attuale Premier e la rabbia della disperazione portata avanti, con isterica bava alla bocca, dal comico Beppe Grillo, non ha avuto dubbi nel preferire la prima opzione. Tutto ciò, occorre doverosamente e dolorosamente aggiungere, in presenza di un centrodestra sempre più evanescente e frammentato, il quale non trova più in Silvio Berlusconi l’elemento unificante nella contrapposizione con la sinistra di Governo. Un Berlusconi sempre più l’ombra di se stesso, che si è ridotto a parlare di dentiere e di irrealizzabili aumenti delle pensioni minime. Ed era inevitabile che mancando una scelta politica all’altezza della situazione nel cosiddetto fronte moderato, nello scontro frontale tra Renzi e Grillo finisse per prevalere la storica tendenza degli italiani a scegliere il meno peggio o, per dirla diversamente, il più presentabile tra i due.

D’altro canto, pure gli ultimi avvertimenti del leader di Forza Italia – dando obiettivamente prova di democratico senso di responsabilità – circa i rischi legati ad un successo del Movimento Cinque Stelle, hanno contribuito ad accrescere il trionfo senza precedenti del Pd. E per quanto gli estremismi vengano esaltati nei periodi di grave crisi economica, quello interpretato dai grillini è stato giudicato troppo pericoloso da una parte preponderante dell’elettorato. Tant’è vero che Piazzaffari, surclassando le altre piazze continentali, ha “benedetto” la vittoria di Renzi con un apprezzamento di quasi 4 punti percentuali.

Ma a questo punto, superato anche l’ultimo scoglio che poteva metterne in discussione il suo sfolgorante cammino, Renzi non potrà più contare sull’effetto promessa, che tanta parte ha avuto nel trionfo alle Europee. Da qui in avanti il giovane Presidente del Consiglio non avrà più alibi nel tentare di aggiustare il coccio rotto di un sistema-Paese dominato da uno Stato assistenziale e burocratico che si pappa una quantità di risorse incompatibili con qualunque tentativo di ripresa. Da qui in avanti, se egli vuole affrontare seriamente una crisi sistemica che sta soffocando il mondo produttivo, non potrà continuare a vendere solo speranze cambiando nome a qualche struttura pubblica e spacciando ciò per una svolta rivoluzionaria.

Se Renzi non inizia seriamente a ridurre una spesa pubblica folle e una tassazione feroce, cosa che finora ha solo finto di realizzare, dovrà molto presto fare i conti con una situazione economica e finanziaria la quale, sul piano sostanziale, non è migliorata di una virgola. Da questo punto di vista l’apoteosi del 25 maggio segna il punto più alto della luna di miele tra il premier e la cittadinanza. Ora il rischio di cadere rovinosamente, in assenza di riforme serie, si farà più serio ogni giorno che passa.


di Claudio Romiti