mercoledì 28 maggio 2014
Sommando i voti di Forza Italia e del Nuovo Centrodestra si arriva a toccare il risultato del Popolo della Libertà alle ultime elezioni politiche. Mettendo poi insieme i voti di FI, Ncd, Fratelli d’Italia e Lega Nord si sfiora una quota del 30 per cento che farebbe superare a questo ipotetico fronte moderato di quasi dieci punti Beppe Grillo e rilanciare con forza il bipolarismo tra destra e sinistra.
Ma sono sommabili i voti di Silvio Berlusconi e di Angelino Alfano? Ed è concretamente pensabile di ridare vita al vecchio schieramento di centrodestra allargato alla Lega che ha governato per dieci anni nell’ultimo ventennio e che sulla carta potrebbe porsi come unica e sola alternativa al renzismo trionfante? La prudenza con cui i dirigenti dei partiti interessati affrontano la questione la dice lunga sulle difficoltà di un ritorno al passato da parte del fronte moderato.
L’epoca in cui la leadership di Berlusconi azzerava le differenze e rendeva possibile l’aggregazione di forze oggettivamente diverse sembra superata. Perché, per contestare quella leadership, nel Pdl si sono consumate addirittura due scissioni. Quella di Gianfranco Fini e quella di Alfano. E le fratture personali e politiche che quegli eventi hanno provocato appaiono difficilmente ricomponibili. Nel frattempo, il Cavaliere è stato duramente colpito ed azzoppato dall’azione politico-mediatica e soprattutto giudiziaria dei suoi avversari e dei suoi falsi amici. Ed al suo posto non è nato nessun nuovo leader in grado di raccoglierne l’eredità diventando il perno unificante dello schieramento alternativo alla sinistra renziana ed alla sterile protesta grillina.
Fini è scomparso nel gorgo della sua nullità politica e morale mentre Alfano, salvato nelle urne dall’apporto determinante degli ultimi fedelissimi di Pier Ferdinando Casini, ha confermato clamorosamente di non avere il famoso “quid” che lo avrebbe dovuto far succedere al suo scopritore e benefattore. La Lega, poi, ha seguito un percorso politico completamente autonomo, andando ad ingrossare le fila dei nemici dell’euro e tenendosi ben lontana dall’area del Governo renziano. E lo stesso ha compiuto Fratelli d’Italia, che ha cercato di ricompattare l’area della vecchia Alleanza Nazionale senza mescolarsi con gli altri partiti dello scomparso Pdl.
Ora si dice che per realizzare un’alternativa credibile al rampantissimo Renzi e ricreare il bipolarismo tra destra e sinistra ci vorrebbe un nuovo Berlusconi. Il ché è sicuramente vero. Nel senso che la presenza di un leader forte aiuterebbe sicuramente il processo di aggregazione. Ma in attesa di un nuovo leader unificatore, che potrebbe anche essere la figlia del Cavaliere investita dal voto di adeguate Primarie, sarebbe necessario avere anche una legge elettorale diversa da quella proporzionale delle elezioni europee e del Porcellum corretto dalla Corte Costituzionale e destinata a favorire le coalizioni piuttosto che i singoli partiti.
Il terreno su cui si gioca la possibilità di ricostruire il centrodestra e si verifica l’effettiva disponibilità delle forze di quest’area a realizzare il progetto è proprio quello della riforma elettorale. Al nuovo leader ci si potrà pensare eventualmente in seguito. Nel frattempo, se c’è la volontà di uscire dalla marginalità all’opposizione o nella maggioranza e tornare ad essere una forza di Governo a vocazione maggioritaria, questa volontà dovrà manifestarsi concretamente nell’elaborazione della nuova legge elettorale. Che non sarà più l’Italicum, ucciso dal renzismo trionfante ed egemonico. Ma che non potrà comunque essere la riedizione del proporzionale della Prima Repubblica.
di Arturo Diaconale