Stanza dei bottoni: spettacolo circense

sabato 17 maggio 2014


Mentre la borsa italiana prosegue nella sua, inaspettata per molti, caduta libera, il dibattito politico in vista delle elezioni europee sembra occuparsi di argomenti lunari. Tra lo scriteriato ottimismo della ragione di chi occupa la stanza dei bottoni ed un surreale balletto di tesi strampalate espresse dal resto dei partiti e movimenti, si ha l’impressione di trovarci ad assistere ad un tragicomico spettacolo circense.

Ciò non può che allarmare ulteriormente il popolo transnazionale degli investitori circa la tenuta finanziaria di un Paese il quale di tutto avrebbe bisogno fuorché delle solite pagliacciate elettoralistiche. Come mi trovo a ripetere con una certa ossessione, per tacitare le sempre più spasmodiche ansie dei mercati, occorrono misure strutturali, anche di lungo periodo, le quali tuttavia indichino chiaramente una decisa inversione nella direzione di marcia di un sistema affetto da troppo Stato e troppe tasse. Misure serie che nulla hanno a che vedere con gli aggravi di spesa pubblica messi in campo da Matteo Renzi, ma neppure con le follie grilline dei pasti gratis per tutti sotto forma di reddito di cittadinanza, o con la distribuzione a pioggia di dentiere proposta da un partito che avrebbe dovuto realizzare la rivoluzione liberale.

L’Italia deve ridurre in modo strutturale l’intervento pubblico, in primis per riprendere a crescere. Solo in questo modo la solvibilità di un indebitamento colossale, che va ben oltre quello ufficiale (occorre infatti considerare l’enorme massa di debiti a carico della miriade di enti locali e di società partecipate), potrà essere garantita. Se, infatti, non si allenta la pressione esercitata sull’economia privata da una tassazione feroce, condannando il sistema da una perenne stagnazione, ci troveremo ben presto in una condizione finanziaria assai peggiore di quella che portò alla nascita del Governo Monti.

Ora, quando si parla di ridurre il peso dello Stato bisogna smetterla di raccontare frottole, come l’idea di aggiustare il coccio rotto del sistema pubblico con qualche autorità ad hoc (vedi commissario per la spending review). Si deve invece usare il bisturi nei grandi capitoli di spesa, i quali fanno sì tanto consenso ma che stanno mandando in rovina il nostro Paese di Pulcinella. Basti dire che sul piano previdenziale, il quale rappresenta il capitolo più oneroso per il sistema pubblico, l’Italia spende 5 punti di Prodotto interno lordo – un’enormità – in più rispetto alla media europea, appena insediato il Premier Renzi ha tenuto a precisare che nessun intervento sarà realizzato, né ora e né in futuro. E, sempre parlando di circo dei pagliacci, la Lega Nord sta addirittura raccogliendo le firme per abrogare l’unica vera riforma realizzata dai tecnici di Monti, ossia la legge Fornero sulle pensioni.

Ebbene, se l’impegno della nostra classe politica, rottamatori e grillini compresi, è tutto finalizzato a rassicurare l’enorme platea dei soggetti che vivono di spesa pubblica che nulla verrà modificato, che nessuna prestazione offerta dallo Stato leviatano verrà ridotta, non possiamo poi prendercela con il destino cinico e baro o con la cospirazione demoplutocratica se i titoli del nostro debito sovrano si trasformeranno a breve in carta straccia, con tutte le evidenti conseguenze del caso.


di Claudio Romiti