“Promesse” in Borsa, Piazza Affari su e giù

mercoledì 14 maggio 2014


Mentre il Premier Matteo Renzi si affanna in ogni tv pubblica a spiegarci leopardianamente che l’Italia è un grande Paese, con “magnifiche sorti e progressive”, sta accadendo un fenomeno piuttosto preoccupante sulla nostra borsa titoli. Mentre fino a qualche settimana fa Piazza Affari nei giorni di toro, come si suol dire, saliva più delle altre maggiori partner europee, da qualche giorno tale tendenza sembra totalmente invertita.

I nostri maggiori indici azionari si stanno notevolmente discostando in peggio rispetto a quelli di Francia e Germania. E se per un breve periodo la maggiore crescita della Borsa di Milano si poteva spiegare con un fisiologico recupero dovuto ai crolli degli anni precedenti – crolli ben superiori alle citate piazze europee – allo stato attuale l’andamento delle relative quotazioni sembra indicare che il recupero sia già terminato. E dato che i mercati finanziari salgono o scendono sulla base delle aspettative, restando fermi sui dati acquisiti, è assai probabile che da qui in avanti, in assenza di serie prospettive di riforme sistemiche, gli azionisti italiani torneranno a vedere i classici sorci verdi.

D’altro canto, senza riforme serie è inevitabile che torni sul tappeto della finanza il rischio-Paese, determinando un effetto a catena che prima o poi è destinato a ripercuotersi sul tanto bistrattato spread. Proprio perché le borse tendono ad anticipare le tendenze (speculare deriva da una parola latina che indica la capacità di osservare da lontano), esse non possono basarsi all’infinito su una girandola di annunci che non si trasformano quasi mai in atti concreti. Nel momento in cui i mercati cominciano a fiutare che sotto il vestito delle buone intenzioni si cela il nulla delle chiacchiere, anche il più attraente castello di carte della politica è destinato a crollare sotto i colpi inesorabili delle quotazioni, così come è accaduto al Governo Berlusconi nell’autunno del 2011.

Ovviamente, per rassicurare gli stessi investitori, compresi quelli che ancora credono sulla tenuta del nostro colossale indebitamento pubblico, occorrono misure che vadano nella direzione di un alleggerimento dei costi complessivi che gravano sull’azienda-Italia. Costi che, tanto per cambiare, sono determinati da un eccesso di spesa pubblica, di tassazione e di burocrazia. Costi dovuti all’invadenza di un sistema politico che si ostina a comprarsi il consenso consentendo ad una buona parte della cittadinanza di vivere sopra le proprie effettive possibilità. Renzi & company sono quindi avvertiti.

Da qui in avanti se l’attuale maggioranza non batte un serio colpo dal lato delle sempre più necessarie riforme strutturali, il verso che i mercati finanziari ci costringeranno a cambiare sarà assai diverso da quello vaticinato dall’attuale Presidente del Consiglio.


di Claudio Romiti