“Loro” ci dicono come stanno le cose

giovedì 8 maggio 2014


Chi sono? Sono gli intellettuali veri, che a volte ritornano. In tivù. È una novità. Intanto leggiamo i buoni propositi di una new entry di Forza Italia, Edoardo Sylos Labini (nella foto), il quale ha deciso di sdoganare i valori liberali. Compito bello, impegnativo, affascinante, doveroso, necessario, ineccepibile, ecc. ecc. Ma sembra un po’ un déjà vu. Forse un tantinello fuori tempo massimo, per dire. Per un movimento - ma non vogliamo infierire – che aveva accompagnato una storica discesa in campo allo scopo di attuare, per l’appunto, una rivoluzione liberale; offrendo, per di più, un partito liberale di massa. Non se ne sono viste molte di tracce, ahimè. Per ora, s’intende. E siccome non vogliamo far(ci) del male, piantiamola lì.

Anzi, parliamo ancora di cultura & intellettuali. Perché c’è qualcosa di nuovo oggi nel sole culturale massmediologico; o meglio, qualcosina, ma degna d’attenzione. Non vi siete accorti che di tanto in tanto la televisione, ma anche la radio, ritornano all’antico? Ritornano cioè sui loro passi frequentati un dì lontano quando si mandava a quel Paese, ironizzando impietosamente, il “Modello Goering”, di colui che portava la mano alla pistola sentendo il termine “cultura”? Poi vennero altri tempi, altre storie, altri media e il plebeismo misto alla raffazzonatura semplicistica di conduttori assurti alla cabina di regia di una diffusione furente e rissosa, che imposero modelli di leader a propria immagine e somiglianza, senza filtri della politica.

Politica: la stessa parola finì espunta insieme alla sua necessaria integrazione, che si chiama cultura. A volte ritorna, la magica parola. A volte ritornano quelli che vivono di cultura, quelli che la praticano e che ce la offrono. Dove sono? Chi sono? Intanto: sono quelli che ti dicono come stanno le cose. Un esempio, tanto per cominciare. Massimo Cacciari, l’altra sera da Lilli Gruber, ci ha consegnato un prezioso cameo di sapienza storico-politica. Il filosofo ha dialogato con Vittorio Feltri (più in forma che mai nella sua autoironia sardonica) sulla Germania, sulla Merkel, sul primo, secondo, terzo e quarto Reich (ne sta scrivendo Feltri). Tema arduo nel contesto dell’antigermanesimo facilone di oggi come alibi dei nostri (e solo nostri) guai. Eppure l’ex sindaco di Venezia ha soavemente impartito una lezione sulla storia di un grande Paese, che noi non studiamo perché presuntuosamente ignoranti; dove passano i Reich, ma restano le doti valoriali di una nazione che sa elaborare lutti e autocritiche, emulsionare energie e unificazioni impensabili, esprimere futuro. È la cultura, bellezza.

Per dire del cinema, in tivù, la più amata (da noi) nicchia - che nicchia non è - di Mediaset è Iris. Amata anche perché il suo approccio ai film rielaborati in cicli e protagonisti è affidato a un Tatti Sanguineti che, vedi l’esemplare narrazione di Marilyn Monroe, ha coniugato affabulazione e informazione, gossip e testimonianze sul filo di un racconto a mosaico che ha rivelato, a un tempo, la maestria del critico e l’intramontabile fascino di una dea deliziosa e indefinibile, strappata di colpo dagli angeli della morte. Dal cinema alla televisione, dove l’irruzione nell’ebollitore fumante e fumoso di “Servizio pubblico” di Philippe Daverio ha fatto, come si dice, la differenza. Non tanto per la erre arrotata, non per il cravattino sulla mise in impeccabile stile bavarese - griffe nel suo giammai dimenticato “Passepartout” - ma per la lucida indicazione di problemi sempiternamente lasciati alla deriva, tipo le meraviglie museali nostrane (tipo una Pompei a rischio infiltrazioni camorristiche peggiori del terremoto), colpevolmente abbandonate per schiavitù a miti pubblicistici, rispetto a un Louvre in piena effervescenza di visite. Una lezione semplice, secca, inappuntabile: persino Landini si bloccò.

E che dire della radio, di una certa radio. Mettiamo “Radio 24” che, nel solco della stracitata e riportata (giustamente, anche con le zampate telefoniche) “Zanzara” della ditta Cruciani & Parenzo, aggiunge un Giovanni Minoli in gran spolvero nel suo “Mix 24”, rieditato dalla memoria sempre viva di quell’eccelso testimone della tivù anni Ottanta che fu “Mixer”. Il punto di forza, anche qui, è l’innesto di Pietrangelo Buttafuoco, un intellettuale fascinoso, fuori dal coro eppure dentro, sempre, nel corpo pulsante di una società mutante, di un Paese zattera di Medusa. Funzionano questi uomini di cultura. Sul mare in tempesta di tanti media in preda alla stessa deriva populista che vorrebbero cavalcare contribuendo invece alla cavalcata delle trucide valchirie grilline, si ergono ogni tanto questi rimediatori dei cattivi maestri. A volte ritornano.

Per dirci come stanno le cose.


di Paolo Pillitteri