Ossessione di fermezza e panico elettorale

mercoledì 7 maggio 2014


È una ossessione quella dell’alternativa tra fermezza e trattativa. Un’ossessione che ci perseguita dai tempi del rapimento di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. E che produce, oltre ad insopportabili strumentalizzazioni destinate a provocare l’istituzionalizzazione di una cultura emergenzialista di stampo autoritario, anche la drammatica incapacità di affrontare razionalmente e con metodi efficaci e democratici i fenomeni politici e sociali da risolvere per la sicurezza e la serenità dei cittadini.

Spia di questa ossessione, che dura da quarant’anni, è stata la banale affermazione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a proposito delle vicende della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina, secondo cui “con i violenti non si tratta”. Ma è stato soprattutto il modo con cui il ministro dell’Interno Angelino Alfano e il Presidente del Consiglio Matteo Renzi hanno reagito agli incidenti provocati dai tifosi, minacciando (il primo) il Daspo a vita per i violenti (cioè la preclusione di accedere agli stadi per sempre) e minacciando (il secondo) di scaricare sulle società il costo della tenuta dell’ordine pubblico all’interno degli stadi stessi.

Si dirà che il capo dello Stato non abbia potuto fare a meno di ribadire, attraverso la frase “con i violenti non si tratta”, l’autorità della Stato di cui è il massimo rappresentante. Il ché è giusto e comprensibile. Ma è anche un modo per nascondere all’opinione pubblica che fermezza e trattativa non sono principi astratti, ma esigenze concrete imposte dai rapporti di forza esistenti tra lo Stato ed i corpi politici, sociali e anche criminali nei diversi momenti storici. Uno Stato provvisto di forte autorità e autorevolezza può permettersi di non trattare con partiti, sindacati o con le Brigate Rosse, la Mafia, la camorra . Uno Stato debole non può fare a meno di trattare. Con chiunque abbia la forza necessaria per imporre la propria presenza e le proprie condizioni.

Non c’è bisogno di evocare le Br o la Mafia per dimostrare la validità di questa affermazione. Basta riferirsi alla cronaca quotidiana. Esiste forse una qualche differenza tra le autorità di polizia che trattano con le bande di tifosi organizzati per evitare gli incidenti all’interno degli stadi e le amministrazioni di tutte le principali città italiane che trattano con gli occupanti abusivi dei centri sociali in cui si addestrano gli artefici delle manifestazioni di piazza più violente e devastanti?

Non bastano, allora, le parole sia pure obbligate del Presidente della Repubblica, a ribadire l’autorità dello Stato. Ci vogliono misure e comportamenti concreti. Che non possono essere quelli preannunciati, sull’onda della solita emergenza aggravata dall’esigenza di fronteggiare le polemiche scoppiate in campagna elettorale, da Alfano e da Renzi. I Daspo e le spese a carico delle società riguardano l’ordine pubblico all’interno degli stadi. Ma la violenza dei tifosi organizzati si manifesta ormai soprattutto al di fuori degli stadi, in tutte le strade e le piazze che i gruppi di tifosi organizzati percorrono prima di salire sugli spalti. E per fermare questa violenza non servono a nulla le misure che spostano i rischi di violenza dagli stadi alle città intere, ma serve un’azione di prevenzione continua che riporti l’autorità dello Stato in tutte le pieghe della società nazionale senza eccezioni e distinguo di sorta.

Renzi, che è stato sindaco, dovrebbe saperlo. E se non lo sa s’informi con i vari Marino, Pisapia e Fassino prima di farsi prendere dal panico da campagna elettorale!


di Arturo Diaconale