E se vincesse il Popolo Italiano?

martedì 25 marzo 2014


“L’Opinione” è quello che si definisce un quotidiano autorevole. Tradotto: non è un quotidiano popolare. Un simile sillogismo la dice lunga sulla realtà dell’informazione in Italia. Ma noi la faremo breve: per essere “popolare” una “Voce” non può, o meglio non “deve” essere autorevole. A richiesta, potremo chiarire e dimostrare questa tragica e malinconica affermazione. Ma ora procediamo.

L’Opinione è un giornale autorevole perché sono autorevoli le persone che vi scrivono. Cioè pensano, studiano, cercano di capire, stanno ostinatamente sulla via della verità; e si sforzano di “informare formando” i lettori. Dunque sono persone che amano il popolo, che ne fanno parte e non vogliono ingannarlo. Due di queste persone autorevoli e popolari – Arturo Diaconale e Loris Facchinetti – si sono impegnate negli ultimi tempi in una sfida impossibile, che però – dato l’habitat in cui L’Opinione nasce e vive: Roma – hanno deciso che… se po’ fa’! Hanno deciso di dare una mano all’Italia, dando una mano a Silvio Berlusconi, identificando nel Cavaliere la figura centrale dell’attuale centrodestra. Arturo Diaconale ha perfino ottenuto un riconoscimento, un mandato a prendersi cura del tema “malagiustizia”. Loris Facchinetti ha introdotto, con un editoriale uscito nemmeno 48 ore fa, una lettura razionale dell’attuale momento storico di Silvio Berlusconi, avanzando un progetto di strategia politica al tempo stesso ideale e pragmatico. Ma…

Ma tutto questo e altro lo potrete leggere su L’Opinione di questi giorni, evitando perciò sintesi o interpretazioni approssimative. Noi qui vogliamo proporre ad Arturo Diaconale e Loris Facchinetti, all’intera redazione del quotidiano e a diverse decine di milioni di Italiani, una provocazione. Dunque una chiamata. La chiamata autorevole e popolare a liberarsi dalla “ragionevolezza”, dalla realtà, dalla concretezza, dai piedi per terra, dal “le cose stanno così”, dagli assetti consolidati della scena e della vita politica in Italia, dalle patetiche, vergognose, bugiarde, cancrenose classificazioni destra- sinistra, centrodestra-centrosinistra, conservazione-progressismo. L’Italia e gli italiani hanno già dato, ne stanno morendo di fame e di speranza.

Da “L’Opinione” vi invitiamo a puntare tutto, ma tutto, sull’Utopia. Il progetto più serio e concreto, amichevole e unitario che si possa immaginare, qui, oggi, subito. L’Utopia è Matteo Renzi & Silvio Berlusconi. Non un accordo, non un inciucio, non una tattica, non un’astuzia elettorale, non una conta dei numeri. Semplicemente, un “Progetto Italia”. Essi si sono incontrati, annusati, riconosciuti. Hanno immediatamente saputo di non poter contare sui reciproci “apparati”. Renzi ha le prove che il suo peggiore e forse imbattibile nemico è il suo partito. Berlusconi ha le prove da decenni (ma ora è costretto a convincersene) che il suo peggiore nemico l’ha creato egli stesso, promuovendo una classe dirigente avida, rissosa e inaffidabile. Essi sanno quali (forse) invalicabili ostacoli sono lì pronti davanti a loro da domattina.

Renzi sa di essere destinato all’abbandono dai suoi stessi “compagni” fin dal prossimo appuntamento parlamentare italiano o europeo, fin dal primo braccio di ferro con i topi della solidale tribù che unisce partito e finanza e burocrazia e magistratura. E sa di non potersi (né volersi) rimangiare la più straordinaria dichiarazione che un leader politico italiano abbia mai rivolto al suo popolo: “Se fallisco è colpa mia”. E il popolo l’ha ascoltato.

Berlusconi sa che a giorni verrà fatto fuori dal “Sistema”, e che i topi della sua tribù si stanno già sparpagliando verso altri pezzi di formaggio. Ma sa anche – e per l’appunto glielo ha appena ricordato Facchinetti attraverso l’editoriale dell’altro giorno – che questo, proprio questo potrà essere il suo momento sacrale: il momento dell’evidenza del martirio. Sa dunque che il popolo sarà costretto a vedere, a sapere, a sentire.

Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, liberi dalla miseria dei loro apparati, esposti con le loro facce e con le loro parole impotenti e potentissime, accomunati dalla loro affinità di italiani antichi e senza obiettivi mediocri, hanno uno straordinario alleato: il popolo italiano. Il popolo, non due popoli. Un popolo distrutto e umiliato da caste e dalla metastasi dell’egoismo, che sta portando i migliori a scegliere il suicidio, dall’arbitrio dell’alta finanza a dettare legge e leggi perfino al capo dello Stato.

Puntiamo tutto sull’Utopia, sola e unica concretezza sull’orlo del baratro. E aiutiamoli a parlare al popolo italiano. Aiutiamo Renzi a farsi ascoltare da Berlusconi nel creare nuove squadre di fedeli e seri dirigenti. Aiutiamo Berlusconi a riconoscere in Renzi non solo “una copia di se stesso da giovane” ma la guida, il traghettatore dall’impotenza alla potenza, dalla seduzione televisiva alla condivisione solidale di tutti gli italiani al Governo della Nazione. Tutto qui? Sì, tutto qui. È da questo “tutto” che può cominciare il Rinascimento dell’Italia. A condizione di mettersi a lavorare per davvero, tutti insieme. A dare nome a questo “Partito” ci penseremo domani mattina. E magari non gli daremo nome perché non sarà un oartito, non si chiamerà né Silvio né Matteo. Per ora restiamo su “Progetto Italia”. Poi si vedrà.

Nota. Noi ci siamo e ci saremo. A partire da Arturo Diaconale e Loris Facchinetti, a partire da L’Opinione, a partire dalle decine di milioni di Italiani che, se ora non ci stanno leggendo, ci leggeranno presto.


di Girolamo Melis