martedì 18 marzo 2014
La questione va posta al Presidente della Repubblica. È Giorgio Napolitano che deve decidere se sia normale o meno che il leader di un partito che raccoglie un quarto del voto degli elettori italiani debba essere escluso dalla prossima competizione elettorale europea. È Napolitano che deve stabilire se il leader del partito che svolge un ruolo determinante per la realizzazione delle riforme indispensabili per la ripresa del Paese possa essere tranquillamente escluso dalla vita pubblica nazionale in quanto condannato da una sentenza a rischio di incostituzionalità. È Napolitano che, sciogliendo questi nodi, deve dare il segnale alla società italiana che il tempo dell’emergenza giustizialista è finito e all’Europa che la democrazia italiana chiude la fase della tutela giudiziaria e torna ad essere una democrazia piena e liberale. Ed è sempre Napolitano, infine, che deve stabilire se le elezioni europee saranno regolari o meno.
Nessuno s’illude che l’attuale Presidente della Repubblica possa porsi la questione da solo. Non lo ha fatto nel corso di tanti anni coprendosi con l’alibi delle norme di legge non aggirabili. Figuriamoci se lo farebbe adesso per diventare, alla vigilia della campagna elettorale europea, il facile bersaglio di tutti coloro che puntano le loro speranze di successo sulla certezza della incandidabilità di Silvio Berlusconi.
Bisogna, allora, trovare il modo di costringere comunque il Quirinale ad affrontare una questione che non riguarda la sorte di una sola persona, ma il corretto funzionamento del sistema democratico del Paese. Come? L’idea di Daniela Santanchè di raccogliere un milione di firme per sottoscrivere una domanda di grazia per il leader di Forza Italia al Capo dello Stato è, probabilmente, la strada più percorribile e diretta. Di fronte ad un forte movimento popolare che non chiede atti eversivi ma solo un segnale di distensione e di pacificazione da parte di chi rappresenta l’unità della Repubblica, è difficile che Napolitano ed i suoi solerti consiglieri possano rimanere indifferenti. Certo, è facile prevedere che un’iniziativa del genere sarebbe destinata a suscitare grandi polemiche e furibonde proteste. Ovviamente da parte di chi spera di vincere facile le prossime elezioni europee contando sull’esclusione forzata del competitore più pericoloso. Ma di fronte una domanda di grazia sostenuta dalle firme di centinaia di migliaia di cittadini dovrebbe comunque avere la possibilità di porre la questione sul tavolo del capo dello Stato.
L’esito dell’iniziativa, ovviamente, non sarebbe affatto scontato. L’elasticità nell’interpretazione delle norme consente di trovare giustificazioni per qualsiasi decisione. L’iniziativa, però, avrebbe in ogni caso conseguito l’obiettivo di fare chiarezza sullo stato della democrazia nel nostro Paese. Che non è l’Ucraina, dove c’è voluta una rivoluzione di piazza per strappare dal carcere e riportare in libertà la leader del partito d’opposizione al regime. Ma non può neppure essere un Paese dove si continua a praticare con successo e determinazione l’uso politico della giustizia per colpire gli avversari politici e, peggio ancora, per convincere l’opinione pubblica della assoluta normalità e legittimità di questo stravolgimento del sistema democratico.
Serve, allora, una grande campagna di raccolta delle firme per la domanda di grazia in favore di Berlusconi. Per la sua libertà. Ma anche per rendere regolari le prossime elezioni europee. Cioè per la libertà di tutti!
di Arturo Diaconale