La montagna di crediti e le illusioni renziane

sabato 8 marzo 2014


In attesa che le misure annunciate da Renzi vengano effettivamente messe in opera, su alcune possiamo già esprimere un giudizio piuttosto netto. In particolare, lo sblocco immediato della colossale montagna di crediti che le imprese vantano dalla pubblica amministrazione rappresenta un pura illusione. E lo è soprattutto su un piano sistemico generale.

Mi spiego meglio. In realtà, come chi mastica economia dovrebbe ben sapere, tali crediti non sono altro che debito pubblico occultato. È come se lo Stato avesse obbligato le aziende fornitrici ad accettare forzosamente titoli pubblici senza scadenza, aumentando di fatto il nostro già colossale debito sovrano. Ciò, in estrema sintesi, accade da tempo per il semplice fatto che il sistema pubblico continua a spendere ben oltre ciò che raccoglie attraverso la pur proibitiva tassazione, e dunque esso è costretto ad allungare sempre di più i tempi nei pagamenti alle citate aziende fornitrici perché manca la necessaria liquidità.

Per dirla in altri termini, il crescente indebitamento dello Stato centrale e della enorme giungla delle amministrazioni locali - dato che l’Italia non può più contare sulla possibilità di allentare le tensioni finanziarie stampando moneta nazionale - crea una sorta di effetto a catena nell'’ambito dei vari enti pubblici che erogano la liquidità necessaria per alimentare il sistema medesimo, lasciando scoperti interi settori. Ovviamente non potendo dilazionare gli esborsi per gli stipendi e le pensioni, uno Stato cicala come il nostro è costretto a tamponare una costante condizione di emergenza finanziaria, allungando i tempi dei pagamenti alle imprese. Pagamenti i quali esistono su un piano puramente contabile e che, tuttavia, quando vengono portati al livello di cassa ci si accorge che i quattrini per onorarli non ci sono, o comunque non ci sono ancora.

Ora, l’idea renziana di sbloccare la situazione utilizzando la Cassa Depositi e Prestiti - ossia i risparmi postali - quale garante, onde consentire ai creditori di farsi anticipare dalle banche ciò che essi vantano dalla mano pubblica rappresenta, per l’appunto, una sorta di artificio contabile privo di sostanza economico-finanziaria. In questo modo si sposterebbe una parte dell’indebitamento pubblico sulle spalle del sistema creditizio, senza tuttavia allentare le tensioni che derivano da una coperta, per così dire, sempre più corta. Tensioni che possono essere risolte positivamente solo se la mano pubblica nel suo complesso cominciasse a spendere meno e, contestualmente, il sistema economico a crescere di più.

Poiché, in conclusione, se il Paese reale non è in grado di generare la sufficiente ricchezza per alimentare i costi dello Stato, forniture comprese, non servono le ottimistiche partite di giro del premier fiorentino a sanarne gli evidenti squilibri. O si taglia o si va in malora.


di Claudio Romiti