giovedì 6 marzo 2014
Matteo Renzi è politicamente debole e se vuole realizzare le riforme che ha promesso non può fare a meno del sostegno determinante di Silvio Berlusconi. L’interpretazione prevalente della vicenda della nuova legge elettorale sostiene esattamente il contrario. Cioè che il compromesso sull’Italicum ha visto soccombere la maggioranza sulle riforme rispetto alla maggioranza della coalizione. E che il caso ha dimostrato come il ruolo di Forza Italia si sia indebolito rispetto al ruolo del Nuovo Centrodestra.
Ma la tesi prevalente è troppo condizionata dagli interessi delle cattedre da dove viene sostenuta per essere accettabile. Interessi che si concentrano tutti sulla necessità di impaludare il Governo Renzi nel piccolo cabotaggio delle continue mediazioni tra le diverse componenti della maggioranza. Il tutto per conservare il quadro dei privilegi attuale e rinviare a data da destinarsi qualsiasi progetto di riforma.
In questa luce, la tesi prevalente vale meno di zero. Ed emerge con chiarezza il problema di fondo di Matteo Renzi e di questa legislatura. Il Presidente del Consiglio è privo di una reale maggioranza di Governo. Può contare solo sulla ridotta compagine dei renziani presenti nei gruppi parlamentari di Camera e Senato. Ma per il resto deve vedersela con i partitini alleati e uniti solo nel tentativo di evitare ad ogni costo il ricorso al voto anticipato per non correre il pericolo di essere spazzati via dal corpo elettorale. E, soprattutto, con un’opposizione interna al proprio partito che si concentra nei gruppi parlamentari di Camera e Senato, formati a suo tempo da Pierluigi Bersani con il Porcellum e contraria anch’essa a qualsiasi ipotesi di elezioni per evitare di essere spazzata via dall’esigenza del Premier di dotarsi di un sostegno parlamentare effettivo.
La vicenda dell’Italicum, in sostanza, ha dimostrato che Renzi non è in grado di tenere sotto controllo il proprio partito. E, soprattutto, che gli oppositori del Pd del Premier sono fermamente intenzionati ad usare i prossimi anni della legislatura per logorare Matteo Renzi con un Vietnam parlamentare destinato a rottamare il rottamatore. In queste condizioni l’unico punto di forza del Presidente del Consiglio, sempre che non voglia trasformare il suo Governo in un Letta-bis all’insegna del “meglio tirare a campare che tirare le cuoia”, è il rapporto con l’opposizione responsabile” di Forza Italia. Un rapporto che da un lato è indispensabile per portare avanti le riforme promesse e salvare la faccia di fronte al proprio elettorato. Ma che dall’altra è ancora più indispensabile per mettere in condizione Renzi di mulinare l’unica arma in suo possesso per sfuggire alle trappole ed agli agguati continui del suo Vietnam personale. Quella delle elezioni anticipate, fatte con qualsiasi sistema, Italicum, Consultellum o altro, ma fatte comunque in tempi non troppo lontani per liberarsi dall’incubo dei gruppi parlamentari del Pd diventati le cittadelle dei propri più strenui nemici.
Bene ha fatto, allora, Silvio Berlusconi a non strappare il filo della maggioranza delle riforme alternativa a quella della coalizione. Perché se il Governo s’impantana a causa delle sue contraddizioni interne e Renzi non riesce a tenere sotto controllo i viet-bersaniani ed i viet-civatiani, a logorarsi è l’intera coalizione, Renzi e Alfano in primo luogo. E se invece il Presidente del Consiglio pone un freno agli oppositori e non rinuncia alle riforme, a risultare determinante per il cambiamento diventa sempre più chiaramente “l’opposizione responsabile” di Forza Italia.
di Arturo Diaconale