“Matrix”: la politica come Big Brother?

martedì 4 marzo 2014


Gli esausti della domenica saltabeccano sui canali cercando il meritato riposo, finché... Finché la politica ripudiata dallo sfinimento da palinsesti, riappare, furbacchiona, dai pretesti narrativi della casa chiusa più ambita di tutte: la casa del Grande Fratello strumentalizzata da “Matrix” (trasmissione condotta da Luca Telese, in onda su Canale 5).

Strumentalizzata in senso buono, intendiamoci. E pure utile, giacché la trasmissione, pur funzionale al lancio della nuova edizione del format più innovativo dei primissimi anni del nuovo secolo, ha capito fin da subito dove andare a parare. E soprattutto, come. Se infatti la politica, da Berlusconi a Grillo a Renzi, era ed è il dove, il target da colpire era la tivù, nella fattispecie del Grande Fratello, il come la politica si esprime, si fa day-by-day, si trasmette. Appunto, la trasmissione della politica di questi vent’anni si è specchiata talmente nella declinazione del medium che il suo format più seducente l’ha caratterizzata, l’ha marchiata a fuoco indelebilmente. E viceversa, beninteso. Nel nome della virtualità.

Mettendo in ordine, Matrix, il GF e la politica (Berlusconi, Grillo, Renzi), ricordiamo che “Matrix” (1999) è un film dei fratelli Wachowski che simula una realtà cibernetica al posto di quella reale, andata distrutta, e pone una problematicità filosofica: qual è la vera realtà? Che cosa è la libertà? Esiste il destino? La virtualità, cioè la tecnica, è un despota o uno strumento? Ecco come la matrice (Matrix) esistenziale s’intreccia alla realtà della politica di oggi e i vari frammenti reali, cioè i volti/azione dei politici, si rispecchiano e ritrasmettono quasi con una forza irrefrenabile le modalità e gli stili su cui lo spettatore/popolo è come costretto ad adeguarsi. Non solo, ma nella stessa potenza del format che riassume nella sua “casa chiusa” la tipologia umana del popolo, la politica è a sua volta obbligata in quel dare/avere che è la “substantia” senza la quale il pensiero e la stessa virtualità non reggono, sono fini a se stessi.

Dunque la politica e i suoi protagonisti sono, ad un tempo, protagonisti e spettatori, artefici e vittime di un gioco apparente dove il perdente, la vittima, è nominato, cioè escluso. Nominato, come un espulso da Grillo, nominato come uno sconfitto dall’agone della politica. Già Orwell, l’inventore del terribile Grande Fratello (“The Big Brother” - 1948), aveva fondato l’archetipo del GF, solo che con lui la politica non si risolveva nelle formule virtuali ma s’inoltrava nel mondo cupo del totalitarismo comunista dove i Custodi della Verità distruggevano gli archivi della verità sostituendoli con le loro e tramettendole nell’ossessione dell’occhio televisivo, l’occhio del grande fratello. Questa oscura premonizione si è tuttavia ribaltata, immersa nella nuova dimensione della città pubblica, nella sua espressione che chiamiamo politica. Dove al posto del totalitarismo subentra una dimensione tanto seducente come una dea quanto avvolgente come un pitone, sicché sciogliersi, liberarsi, diventa a volte impossibile.

Matrix e Telese, con i suoi ospiti, ha avvolto e riavvolto punti e contrappunti di una situazione coi suoi personaggi principali, fra cui spicca Renzi, dominatore della comunicazione, la cui “matrix” s’iscrive nel solco della televisione, di Mike Bongiorno, di Fonzie e di Goldrake, ma in virtù di un terreno che era già stato ampiamente posseduto dall’archetipo, dal Cavaliere, padre di tutti i successivi “grandi fratelli politici”, che ha a sua volta e per la legge del contrappasso, emulsionato il fenomeno antagonistico di Grillo.

La narrazione potrebbe continuare intersecando, da parte dello spettatore, le puntate del GF con quelle di Renzi, Berlsuconi e Grillo ma, attenzione! Il gioco, la fiction, la virtualità finisce qui, si impatta con il principio della realtà. Che è, appunto, la politica. La settimana che inizia ha un’agenda il cui realismo ribalta l’apparenza cibernetica, la supera e ne diventa un altro racconto, un’altra storia. La riforma elettorale, l’accordo di ferro fra il Cavaliere e Matteo, il grillismo come rifiuto di tutto ma anche con le crepe dentro un cristallo opaco, le espulsioni (i nominati del GF), le ipotetiche crepe de Pd. Frammenti anche loro, ma non virtuali, immagini e segmenti ma di un paesaggio concreto dove pure una vicenda Gentile, enfatizzata non dal medium ma dagli interessi (potere) reciproci, compongono e comporranno una storia diversa, una narrazione di cose, di fatti, di scelte. Di vincitori e vinti. Non più i nominati della casa chiusa del Grande Fratello. Della Politica.


di Paolo Pillitteri