La strada in salita del Governo marziano

mercoledì 26 febbraio 2014


Superato lo scoglio delle votazioni di fiducia al Senato e alla Camera e predisposta l’infornata dei viceministri e dei sottosegretari rispettando rigorosamente il Manuale Cencelli, il Governo di Matteo Renzi è chiamato a dare un contenuto ai titoli del “Libro dei sogni” esposto a Palazzo Madama ed a Montecitorio dal Presidente del Consiglio.

Rispolverare la definizione che nella Prima Repubblica veniva usata per le dichiarazioni programmatiche dei Presidenti del Consiglio dell’epoca, non nasconde un giudizio negativo nei confronti delle prime uscite parlamentari di Renzi. I sogni indicano le ambizioni. E se l’ambizione è quella di far uscire dalla palude un Paese che rischia di essere risucchiato dalle sabbie mobili della crisi, non può non essere accolta e salutata con speranza e incoraggiamento.

Bene, allora , il “Libro dei sogni” del nuovo Premier. Ma sempre a condizione che questi sogni abbiano la possibilità di essere realizzati e che le grandi ambizioni siano concretizzabili e non velleitarie. Dire che Renzi abbia fornito in Parlamento la dimostrazione di essere in grado di rispettare questa condizione sarebbe decisamente azzardato. A lasciare molti dubbi in proposito non è stata la forma usata dal Premier nei discorsi programmatici e nelle repliche. Parlare a braccio in occasione della presentazione del Governo è sicuramente inusitato, ma non è obbligatoriamente un segno di superficialità e approssimazione. A patto, però, che nel parlare a braccio rivolgendosi al Paese e non al Palazzo non ci si limiti ad indicare i propositi, ma si fornisca anche qualche indicazione su come raggiungere concretamente gli obiettivi prescelti.

Da questo punto di vista non si può non rilevare come la partenza del Governo abbia suscitato, non solo nel Palazzo e tra gli addetti ai lavori della politica ma anche nel Paese e tra la gente comune, una sensibile delusione. A suscitarla non sono state le mani in tasca, il tono da comizio sulla piazza del mercato o gli atteggiamenti irrituali nei confronti delle aule “sorde e grigie”. È stata la totale vaghezza che ha contraddistinto la presentazione del Governo alle Camere. Una vaghezza che non ha colpito solo gli smaliziati e magari prevenuti senatori e deputati, ma anche quella parte dell’opinione pubblica che comprende come per uscire dalla crisi non sia sufficiente la disinvoltura e la spregiudicatezza, ma anche qualche idea realmente innovativa innestata sulla base di una seria e reale competenza. A dare questa impressione è stato lo stesso Renzi. Dire, come ha fatto, che la sua presenza in Parlamento come Presidente del Consiglio sia la dimostrazione di come chiunque possa diventare Capo del Governo, non ha rassicurato affatto l’opinione pubblica. Al contrario, l’ha decisamente preoccupata e spaventata. Perché non è affatto tranquillizzante sapere che chiunque possa diventare il timoniere della navicella nella tempesta. Molto più rassicurante, invece, è sapere e rendersi conto che chi è al timone ha la capacità, la competenza e l’esperienza necessarie per svolgere al meglio il difficilissimo compito a cui è chiamato.

Diamo pure per scontato che l’aver dato l’impressione di essere un “pericoloso chiunque” sia stato il frutto di una semplice ingenuità. Ma questa ingenuità ha prodotto come conseguenza il dubbio che Renzi sia solo un simpatico sbruffone del tutto inadeguato all’impresa ciclopica che dice di voler realizzare. La strada del Governo, dunque, parte in salita. Per tornare al piano spetta a Renzi dimostrare al più presto di non essere l’intellettuale del “Marziano a Roma” di Ennio Flaiano, quello a cui la “parola” serviva solo per nascondere un pensiero. Che non c’era!


di Arturo Diaconale