sabato 15 febbraio 2014
“La storia si è esaurita, non ci sono più le condizioni per andare avanti. Questo Governo rischia di essere una zavorra per l’Italia. Il partito è compatto con me. Grazie ad Enrico Letta, ma ora serve una fase nuova. Usciamo dalla palude”.
È quello che va ripetendo da giorni il segretario del Partito Democratico ai suoi per convincerli che la vicenda governativa di Letta è finita e che quindi urge un nuovo Esecutivo a trazione renziana. Lo scontro in direzione nazionale ha fatto il resto con Letta che, non presentandosi, ha tentato di farsi sfiduciare apertis verbis, facendo passare il suo partito per un manipolo di traditori e il suo Governo per vittima di fuoco amico.
Renzi si illude di aver vinto, ma sta facendo un errore grossolano cadendo con tutte le scarpe in una trappola ordita dalla sua parte e pensata da un vecchio abile regista che cerca di fargli sporcare le mani prima del tempo con la palude (quella sì) di Palazzo Chigi. La ragnatela è stata ben congegnata per fargli credere di essere un tostissimo asfaltatore proprio nel mentre, cedendo alle lusinghe del potere, è in procinto di compromettere il successo e il credito acquisiti presentandosi come la novità che rifugge dagli inciuci, l’uomo leale avulso dai giochi di palazzo, la moderna concezione della politica che vuole governare solo passando per le urne e il paladino del fare che non campicchia di annunci.
Se (usiamo ancora le formule dubitative di rito) il Governo Renzi dovesse mai vedere la luce, esso nascerebbe da un tradimento e quindi già morto. Nascerebbe già morto perché frutto di manovre oscure, di pugnalate inferte ai compagni di partito, dei soliti agguati (tutti ricorderanno “Enrico, stai tranquillo”) e con un orizzonte parlamentare già segnato dalle mai sopite guerre intestine che a sinistra sono soliti nascondere dietro “il bene del Paese”. Il Parlamento infatti sarebbe la “baia dei porci” del sindaco di Firenze, perché è proprio in aula che questi si vedrebbe costretto a fare i conti con le quotidiane imboscate del correntone interno al Pd che lo aspetta in aula e non vede l’ora di sabotare il suo operato bruciandolo prima del tempo. In questo modo don Matteo si consegna a Cuperlo - e quindi in ultima istanza a D’Alema - cancellando, senza spargimenti di sangue e con il disonore del congiurato, l’anomalia di quell’unico ragazzotto non cresciuto a pane e Togliatti che conquistò il fortino rosso umiliando le belle teste gauche.
Inoltre, con una maggioranza raccogliticcia che va da Alfano a pezzi di Sel, passando per il Pd e frammenti di Scelta Civica o di Cinque Stelle, Renzi sarebbe costretto a sperimentare quell’immobilismo che tanto ha rimproverato a Letta e resterebbe vittima dei veti incrociati, dei ricatti di qualche partitino in cerca di visibilità e della mancanza di tempo derivante da un Parlamento frammentato e orientato all’esaurimento della legislatura. Oltre alle condizioni per fare la rivoluzione mancano le truppe di Governo, ma questo il giovane ottimista fa finta di non capirlo. Se il povero Renzi crede di avere già coagulato intorno a sé una classe dirigente all’altezza di assumere incarichi di Governo, si sbaglia di grosso e pecca di presunzione (e di ingenuità). Il suo team è composto da ragazzi che vanno a discutere di riforma del lavoro con il ministro dello Sviluppo economico (a Marianna Madia è capitato sul serio di sbagliare ministero), che fanno un lavoretto chiamato “Jobs Act” e credono di aver coniato una riforma epocale ma che invece vanno rodati per capire le reali attitudini.
Se davvero Renzi cederà ai capricci della sua ambizione senza avere un piano vero, il lavoro degli ex Ds sarà stato facilissimo, la meteora fiorentina passerà velocemente sulla scena senza aver toccato palla e il gruppo di Botteghe Oscure ringrazierà sentitamente. Matteo, se posso permettermi una considerazione: la fretta ti è stata cattiva consigliera, le scorciatoie rischiano di essere molto insidiose anche per te, ma sei evidentemente troppo confuso dalla tua popolarità per capire che bisognava attendere, che non era il momento giusto per accettare le lusinghe di chi vuole solo mandarti allo sbaraglio onde poi affermare che, per metodi utilizzati e per risultati ottenuti, sei identico a tutti gli altri.
I detrattori, in quel momento, non saranno andati troppo distanti dalla realtà, la tattica pokeristica “all in” non avrà funzionato e la tanto attesa botta di fortuna non sarà arrivata. Colpa tua e della tua smodata presunzione.
di Vito Massimano