Rischio trappolone per il rottamatore

sabato 8 febbraio 2014


Non credo di andare oltre la scoperta dell’acqua calda se penso che Matteo Renzi debba maggiormente guardarsi dai suoi avversari di partito. Soprattutto il vecchio apparato di radice comunista, uscito piuttosto malconcio dalle recenti primarie per la leadership, sembra sognare improbabili rivincite, anche a costo di far un dispetto alla moglie tagliandosi i cosiddetti, come si suol dire. E sotto questo profilo, la surreale iniziativa del presidente Grasso di far costituire il Senato parte civile nel processo per la compravendita di alcuni parlamentari mi sembra inscriversi in una ampia strategia di sabotaggio interno.

Se così non fosse, non si spiegherebbe il motivo di piazzare una bomba ad innesco rapido sulla tortuosa strada delle riforme intrapresa dal giovane segretario del Partito Democratico. Attaccare in questo modo Silvio Berlusconi, ossia il principale interlocutore di Renzi sul piano delle nuove regole del gioco, può essere utile solo a danneggiare il percorso indicato al suo partito dal sindaco di Firenze. Allo stesso modo, anche il pressing che l’ala radicale dei democratici sta esercitando per un cambio di passo del Governo - che mira chiaramente a spingere Renzi verso una sua immediata salita a Palazzo Chigi - odora di trappolone. E se realmente quest’ultimo si facesse tentare da una simile scorciatoia, commetterebbe un errore politico gravissimo.

L’intera impalcatura “nuovista” su cui si regge la sua scommessa crollerebbe miseramente sotto il peso di una condizione del Paese molto difficile. Una condizione la quale, come ho già avuto modo di scrivere, non si può assolutamente affrontare in una pur ampia frazione di legislatura e, soprattutto, con il sostegno di una maggioranza raccogliticcia. In una tale prospettiva Renzi non potrebbe che proseguire sulla strada intrapresa da Enrico Letta, tutta basata sugli annunci e le professioni di ottimismo. Invece se il leader fiorentino ha veramente in animo di far cambiare passo ad un Paese devastato in primo luogo da una spesa pubblica e una pressione fiscale folli, cinque anni di tempo e una investitura popolare solida sono i due requisiti imprescindibili per sfidare l’impopolarità che scaturirebbe dall’adozione dei necessari provvedimenti.

Tutto questo dando per scontato che Renzi e i suoi consiglieri abbiano realmente compreso in quale profondo baratro rischia di precipitare l’Italia e la sua economia. Ma se così non fosse, se i rottamatori ritenessero di potersi insediare nella stanza dei bottoni dietro il paravento di qualche riformicchia istituzionale, lasciando inalterato uno Stato pesantissimo che sta mandando fuori mercato l’intero apparato produttivo, allora tanto varrebbe pugnalare in anticipo il buon Enrico Letta. Tanto più che le idi di marzo si avvicinano.


di Claudio Romiti