mercoledì 29 gennaio 2014
L’altra sera su “La7” da Formigli, che della politica ha un concetto assai preciso (io la faccio a pezzi, tocca a voi rimetterla insieme), appena s’è ventilato un nuovo meeting tra il Cavaliere e Renzi, c’è stato un attimo di gelo, rotto dall’intervento tempestivo della Santanchè che ha buttato lì con nonchalance un “mi meraviglierei se non avvenisse un incontro del genere, è un fatto normale”. Ri-gelo in sala, ma il ghiaccio, anche grazie al savoir- faire di Bianca Berlinguer, era rotto. Il summit, dunque, è nell’aria ma fino ad ora non ne sappiamo niente, a parte le giudiziose se non ovvie riflessioni della ex pitonessa, lanciata verso i cieli delle riforme tra Partito Democratico e Forza Italia, anticamera di ulteriori larghe intese.
Solo che le nuove larghe intese o sboccano nel voto del pacchetto dell’accordo raggiunto, salvo qualche ritocco concordato nello storico summit (potrebbero anche telefonarsi, no? ), oppure si potrà aprire una nuova finestra prima del traumatico passaggio alla crisi che, pure, Renzi minaccia agitandone il nodoso bastone. La finestra infine è stata aperta, pardon socchiusa, dalla new entry Giovanni Toti, l’ex direttore del Tg4 e di Studio Aperto che il Cavaliere ha più o meno imposto come consigliere politico di Forza Italia, fra i mugugni non solo dei suoi storici consiglieri ma dei pezzi grossi della nomenklatura di FI; a cominciare da Fitto che, a modo suo, ha mandato un avviso ai naviganti, a proposito di Toti e degli oscuri disegni in testa al Capo. Il che la dice lunga sulle problematiche, le divaricazioni, le incomprensioni e le lotte intestine a Forza Italia.
L’uscita dell’autorevole new entry ha, come dire, un che di poetico nella sua invocazione di aria fresca per il Paese e per il Governo. È vero, l’aria è non poco viziata e stantia, le finestre sono da troppo tempo chiuse ,meglio aprirle per fare entrare l’aria, una corrente fresca, un vento nuovo. Il cui nome è Matteo Renzi. Avete capito bene: Renzi è il candidato di Toti, l’homo novus berlusconianus, a fare il presidente del Consiglio, e siccome la poltrona di Palazzo Chigi è una sola e indivisibile, ne deriva che Letta deve lasciare la sua per passarla a Renzi. Un passaggio in corsa, si direbbe.
Soprattutto un passaggio sul quale il Cavaliere non può non avere posto il sigillo, giacché l’uscita di Giovanni Toti sembra in un certo senso concordata, non un gossip, non una voce, tantomeno una “voce dal sen fuggita”. Si tratta di una strategia berlusconiana somigliante a un piano B o C rispetto a quello principale che, nel cuore e nella mente del Cavaliere, è un piano che non prevede le riforme globali, ma solo quella elettorale e poi le elezioni. Ma, e qui starebbe la novità dell’ipotesi Toti, basta con un Premier come Letta - che appare sempre più sbiadito e impacciato - ma con Matteo Renzi: l’aria nuova e pulita, la corrente fresca e il vento forte con cui far muovere le vele della nave Italia incagliata. Ipotesi, schemi, proposte tutte da verificare, ma partendo dal presupposto che se il Cavaliere è uno capace di vendere un freezer al Polo Nord, nondimeno è l’uomo che fa solo quegli accordi che gli convengono.
Il punto è che Matteo Renzi è fatto della stessa, identica pasta, ed è per questo che i due si intendono pur sapendo di non potersi fidare del tutto l’uno dell’altro. Last but not least, c’è il Quirinale che ha l’ultima parola (e che parola!) su simili vicende. Da qualche settimana sembra che Napolitano, il maggior sponsor di Letta, sia meno entusiasta nei confronti del suo protetto, avendo allacciato un forte scambio “cordiale” col vincente Renzi, il quale, a sua volta, non potrebbe fare più di un pensierino sulla offerta di Toti. Mettere d’accordo tutti su un simile passo non è facile, anzi.
La situazione è appesa, come si dice, a un filo. Ma non tutti sono d’accordo nel lasciare a Berlusconi uno spazio di manovra sempre più ampio che, di fatto, ha emarginato il gruppo di Alfano al quale è mancata la prontezza di riflessi per sfruttare le dimissioni della De Girolamo aprendo lui stesso una precrisi. E poi c’è sempre quel tarlo nella mente renziana, quel retrostante, inquietante pensiero: finendo così a Palazzo Chigi, non divento prigioniero del Cavaliere? Io, prigioniero? Indovinala, Grillo!
di Paolo Pillitteri