giovedì 23 gennaio 2014
Dicono: sono sempre in televisione, questi politici, a cominciare da Matteo Renzi. Sono da mattina a sera sul piccolo schermo a litigare: ma quando lavorano? Sono i politici di maggioranza, tanti; e pure gli altrettanti dell’opposizione (FI), che opposizione è sempre di meno. E, quando smettono di urlare a vicenda, avanza una legittima domanda: ma dov’è finito Letta? Quanto più Renzi decide, irrompe, sfascia e fa dimettere, tanto più Letta non decide, rinvia, attende e non fa dimettere – soprattutto – se stesso.
E se una ministra De Girolamo (nella foto) si alza e se ne va da un’intervista non poco aggressiva, tutti a darle sulla voce come se uno/a fosse costretto a rispondere ad ogni domanda. Diciamocelo, se i media strapazzano i politici è perché molti politici si lasciano strapazzare pur di finire in tivù e, spesso, perché incapaci e comunque meno capaci ed efficaci degli addetti ai mass media. Ma tant’è. La situazione è in stand-by da lunghe settimane, al punto che, diritto come un missile del Corriere della Sera, il termine al Governo di “sonnacchioso mediocre” ha colpito e (non) affondato il Premier che, si dice, stia preparando il rimpasto per il week-end.
Vera o non vera, questa storia del rimpasto è l’ultima scusa, ma proprio l’ultima, per un Esecutivo che non solo fa poco o nulla, non solo quel poco lo fa male (vedi l’Imu, la Tares, ecc.), ma è scomparso dai teleschermi. L’encefalogramma piatto coincide con la dissoluzione dell’immagine televisiva. Perché questa prolungata assenza che per alcuni sarebbe anche un bene data la non fotogenia lettiana? La risposta è semplice e molto democristiana: il Governo ha fatto poco in attesa delle decisioni del congresso del Pd.
È vero, ma non è una scusa per non fare, anzi. Il risultato è che il sonnacchioso Governo è stato sistematicamente anticipato da Renzi che, correndo a più non posso, spesso e volentieri da un palinsesto all’altro, a zonzo per l’etere e fra un fatwa e l’altra contro Cuperlo e pure contro Letta che ha fatto troppo poco (“mi viene in mente solo... l’Imu”, parola d Renzi), ha in realtà preso in mano le redini, pur fuori da Palazzo Chigi, con le complicazioni che ben conosciamo. E non ignorando che di Presidenti del Consiglio ce n’è uno solo.
Ma, chiediamoci, è così colpa del segretario fiorentino che, pure, ci mette sempre un surplus di suo, così, tanto per (non) gradire “perché la politica di oggi è questa e se non sei d’accordo dimettiti, che ce ne mettiamo un altro al tuo posto?”. Del resto, Renzi avrà le sue gatte da pelare a cominciare dalle prossime ore quando si accorgerà - le dimissioni nelle varie commissioni ne sono un’anticipazione - che fra il dire che “l’accordo con Forza Italia è fatto” e fare, cioè realizzare questo accordo in Parlamento, c’è di mezzo il mare: di guai, ovvero di dissidenze, disaccordi, dissonanze.
Invece che in discesa, il cammino renziano, cioè delle riforme, è in salita. E non per i capricci di alleati come Alfano, Lupi, Cicchitto, mal sopportati tanto da Renzi quanto da FI, pur avendo salvato la poltrona di Letta e reso possibile quanto sta succedendo; e neppure per le richieste, invero non del tutto infondate di chi chiede l’uso di una preferenza, o di chi, a maggior ragione, fa rilevare che la soglia del 35% è molto bassa, si riduce alla fine del voto, fra schede nulle e astensioni, a meno del 25%, cioè nemmeno un quarto della popolazione italiana che vota.
No, la vera responsabilità è del silente Premier, il cui Governo dormiente rischia di fare la figura di quel gruppo “incapace di tutto e deciso a niente” o, forse, al contrario, ma ci siamo capiti. Letta, si parva licet, è come la famosa statua di Michelangelo, ha bisogno di chi gli dica: “parli!”, ora o taccia per sempre. Parola di Perry Mason.
di Paolo Pillitteri