Renzi è vicino ad un vicolo cieco

sabato 18 gennaio 2014


Quando si cavalca spregiudicatamente la demagogia del cambiamento politico, una volta saliti in alto si rischia di restare intrappolati nella rete dell’inconcludenza, logorandosi in un breve lasso di tempo. Ciò è quello che sta esattamente accadendo a Matteo Renzi. Dopo aver gridato ai quattro venti che solo lui, al comando di una schiera di nuovisti rottamatori, poteva imprimere una svolta nella politica nazionale, ora si trova nella sempre più impellente necessità di dare un qualche segnale nella stessa direzione.

Altrimenti, nel malaugurato caso - ma molto probabile in questo fallimentare sistema - di restare preda dell’attuale continuismo, il sindaco di Firenze perderebbe gran parte della credibilità acquisita, con tutte le inevitabili conseguenze del caso. Nel frattempo, Renzi cerca di tenere alta l’attenzione del Paese continuando a sparacchiare un po’ a casaccio proposte politiche a 360 gradi, ma con la chiara consapevolezza che si tratta di semplici specchietti per le allodole. Da questo punto di vista mi sembra evidente che, almeno in questa fase, la vera partita il giovane segretario del Partito Democratico la stia giocando sulla riforma della legge elettorale.

Una riforma che, una volta realizzata, gli aprirebbe un più ampio scenario, con la possibilità di un rapido ritorno alle urne. Tuttavia, il fatto che Renzi e i suoi consiglieri non abbiano avuto il coraggio di presentare una proposta di modifica chiara e univoca, trincerandosi dietro un imbarazzante pacchetto di opzioni (gettare in pasto alla pletora di partiti e partitini tre scelte diverse non può che incentivare lo stallo dei veti incrociati), depone molto male circa il reale decisionismo dei nuovisti rottamatori. Evidentemente dentro il Partito Democratico, nonostante il grande affannarsi a salire sul carro del vincitore, continuano a prevalere forti contrasti e divisioni.

Contrasti e divisioni che, utilizzati ad arte dai professionisti del gattopardismo che vengono da molto lontano, possono risultare fatali per un neo-segretario che ha puntato tutto sulla velocità. Per questo motivo se, dopo essersi impegnato a cambiare la legge elettorale, egli dovesse arrendersi alla deriva dell’inconcludenza, le cose si metterebbero molto male per lui. E a nulla gli servirebbe proseguire nella pantomima di segretario di lotta e di Governo, attaccando e sostenendo Letta a giorni alterni. Se Renzi non si intesta almeno entro febbraio una riforma delle elezioni parlamentari degna di questo nome, in molti inizieranno ad annoverarlo tra il folto gruppo dei politici cantastorie.


di Claudio Romiti