sabato 11 gennaio 2014
La notizia che il dibattito sulla nuova legge elettorale arriverà alla Camera alla fine di gennaio è stata presentata come un evento straordinario, frutto dell’incredibile e sacrosanta innovazione impressa alla politica italiana dall’avvento di Matteo Renzi alla guida del Partito Democratico. È incredibile il coro di osanna mediatici che ha salutato l’annuncio. Peccato, però, che nessuna sappia e sia in grado di prevedere di quale proposta di riforma elettorale la Camera potrà discutere alla fine di gennaio. Per diradare la fitta nebbia che avvolge la questione bisognerà attendere le motivazioni della Corte Costituzionale sull’abolizione del “Porcellum”.
E, soprattutto, dopo aver avuto la “linea” dalla Consulta, i partiti dovranno finalmente trovare una qualche intesa sul progetto da presentare all’esame e all’approvazione del Parlamento. Siamo all’innovazione rivoluzionaria introdotta nella politica italiana dal nuovo segretario del Pd? In realtà siamo all’antica tradizione nazionale del “facite ammuina”. Il fiorentino Renzi si rivela essere un marinaio napoletano della regia marina borbonica. E la faccenda non è isolata.
Il caso della proposta del Jobs Act è del tutto simile a quello del Parlamento che tra qualche settimana dovrà discutere di una legge elettorale che non c’è. Tutti a salutare l’imitazione renziana del titolo del progetto sul lavoro di Obama come il segno inequivocabile dell’energia prorompente del nuovo segretario del Pd.
Tutti a salmodiare: “lui sì che ha spinta propulsiva!”. Ma poi si scopre che il contratto d’inserimento a tutele crescenti è una proposta che Ichino ha inutilmente avanzato da tempo. E, soprattutto, si verifica che per realizzare l’idea dell’“assegno universale” per chi perde il posto di lavoro bisognerebbe scavalcare (e di molto) il limite del tre per cento sul deficit dei conti pubblici imposto da un’Europa totalmente sorda da questo orecchio. Insomma, anche lo Jobs Act assume l’aspetto della semplice ammuina. Che rischia di diventare il tratto caratteristico di un Renzi stoltamente salutato dai grandi media come l’Uomo della Provvidenza destinato a salvare il Paese dalla crisi.
Nessuno, naturalmente, discute la capacità del segretario del Pd di imprimere scosse ad un ceto politico in stato comatoso attraverso uno stile comunicativo diverso da quello tradizionale. Ma la comunicazione fine a se stessa è come il camino alimentato a carta. Si consuma nel giro di un attimo. E lascia una cenere che alle volte rischia addirittura di spegnere il fuoco della legna. C’è il rischio, in sostanza, che l’ammuina di Renzi sia solo fine a se stessa.
E che l’assenza di contenuti realistici e concreti renda la cosiddetta spinta propulsiva del segretario del Pd un semplice e banale fuoco di carta. Sempre meglio, naturalmente, del gelo dell’insipienza e dell’incapacità di un Governo consumato non dall’ostilità delle opposizioni ma dalle sue contraddizioni interne. Ma troppo poco per impedire che dopo la grande infatuazione si passi rapidamente alla grande delusione.
di Arturo Diaconale