giovedì 9 gennaio 2014
Per la storia, in principio fu Marco Pannella e Bonino e alcuni happy few che presero il toro delle droghe per le corna, finendo anche in galera sventolando allegramente la leggendaria erba. E mi piace, qui e subito, ricordare qualche riga capitatami sotto gli occhi del bel librone di Claudio Martelli (ne parleremo nei prossimi giorni), laddove definisce “Marco Pannella, scomodo e inquietante come chi ha il coraggio della verità, capace di mettere in gioco la sua stessa vita per una buona causa e così umano da inciampare in un tenero narcisismo”. Bella, vero? E stai a vedere che adesso tutti i meriti vanno alla Lega con quel suo assessore lombardo che se ne è uscito a favore della cannabis.
Ma, dico io, non era e non è la stessa Lega che, in altre epoche, invero non sideralmente lontane, sventolava il cappio, voleva più inferriate alle giù incivili carceri, bloccava indulti e amnistie? E che imponeva fra un ruggito e l’altro la inutile e dannosa Giovanardi-Fini che ha riempito le galere di tossici senza disintossicarne uno? In realtà tutto è iniziato in Colorado, terra cara ai cowboy dove, per l’appunto, la cannabis veniva liberalizzata per le cure, esattamente come sta accadendo su larga scala nel grande Uruguay dove un presidente sui generis, pauperistico e a piedi nudi, ha sbloccato il tema delle droghe leggere, peraltro suo cavallo di battaglia elettorale.
Dunque, il sasso nello stagno è stato lanciato quasi casualmente, anche se il tema era ed è maturo per una riflessione (come di dice) meno schematica e, me lo auguro, meno condizionata da quel cupo ritorno di fiamma d’integralismo che contraddistingue magna pars (oltre che magna carta…) del Nuovo Centrodestra, compresi alcuni miei amici nell’Era geologica socialista. Ma tant’è: la strada è lunga e, come direbbe il Cristo, ricordati che devi perdonare settanta volte sette. Questa dell’approccio al pianeta droga di una destra antiproibizionista è una delle tante contraddizioni all’italiana, Paese nel quale la destra, nemmeno dopo la cura berlusconiana e checché ne pensi il roccioso Galan, non ha il senso di marcia della destra mondiale, a cominciare dal liberismo per finire ai temi laici (do you remember Eluana?) e a quelli delle droghe leggere.
Laddove, invece, per i conservatori, quelli veri e non quelli alle vongole dentro e fuori Forza Italia, Fli, Ncd, ecc., “la storia del proibizionismo della marijuana è un catalogo di compromessi non redditizi, miliardi sparsi per la prevenzione e migliaia di arresti ogni anno nell’infruttuoso tentativo di controllare un farmaco per lo più benigno, dal consumo diffuso nonostante gli energici tentativi di vietarlo e che paragonato all’abuso o alla dipendenza dell’alcool, il consumo della marijuana è una preoccupazione minore per la salute pubblica”.
Messo così sui binari di una discussione seria, il grande tema delle droghe leggere sta forse entrando dalla finestra del Parlamento dopo esserne stato buttato fuori dalla porta? Può essere e comunque ce lo auguriamo, sulla falsariga di quanto va dicendo da tempo Luigi Manconi - che a sinistra spicca per lucido garantismo, per di più militante e operante nell’inferno carcerario che destra e sinistra italiane sono riuscite a costruire nell’indifferenza dei loro elettori drogati, loro sì, di giustizialismo, e nelle severe e reiterate condanne dell’Europa.
L’onorevole Manconi ha predisposto un DDL nel quale, prioritariamente, si ripara il danno della legge in vigore che non distingue fra droghe leggere e pesanti donde il ricorso al carcere come cura decisiva, secondo una logica che nemmeno la Shariʿah accoglie, se è vero come è vero che è la rieducazione e la prevenzione il vero obiettivo delle leggi, o almeno come diceva quel genio sublime di Beccaria. Non per ridurre la questione a spinello libero o no, sta di fatto che nella patria di Beccaria anche un ritorno di fiamma del buonsenso nell’approccio alle droghe non può che essere benvenuto. Mettete dei fiori di cannabis sui vostri cannoni, i giustizialisti troppi danni hanno fatto.
di Paolo Pillitteri