venerdì 13 dicembre 2013
Adesso tutti a dire che Letta andrà avanti, tutti a congratularsi con lo scampato pericolo, tutti a stringersi a coorte con Renzi, la cui vittoria sarebbe un fatto straordinario se non fosse che, intanto, la velocità dei “fast and furious” di quest’Italia avventata, e non per colpa solo sua, sopravanza la pur spedita marcia del giovane rottamatore e della sua peraltro meritevole squadra.
I fast and furious se ne stanno sul set televisivo scherzando coi loro gadget da talk-show (come facevano vent’anni fa con la Lega), collegandosi coi leader (?!) dei forconi, che parlano un linguaggio semplice semplice: andatevene, ladri, andatevene subito, cioè adesso, oggi, stasera. E starebbero anche per dire: andatevene pure voi e i vostri gadget, se non ci foste utili (utili idioti?) ad enfatizzarci nell’urlo rauco contro una Casta che proprio voi, cari talk-show, avete contribuito a cacciare via, diseredandola anche dei suoi ultimi sacri simboli, compreso il Colle, compreso Palazzo Chigi, compreso Letta.
E compreso Renzi. Il fallimento di questi vent’anni si trascina dietro le scorie di una politica degradata cui l’avvento renziano offre un brodino pur condito di parole soavi di speranza e di coraggio, che suonano come stonate, non perché non vere, ma perché non bastevoli, non tempestive, non utili. Forse, dico forse, Renzi avrebbe dovuto mutuare il linguaggio e le promesse da lacrime e sangue del sublime Churchill se fosse Churchill. Ma lui è giovane, è bello, è immune dai mali inferti sadicamente al corpo italico da quelli di prima. Ma a che serve essere immuni quando è d’obbligo l’immersione nel mare gonfio di rifiuti, sullo sfondo di una catastrofe morale e politica per la quale nessuno ha chiesto scusa, nessuno ha invocato il perdono, nessuno si è ritirato in convento a meditare ed espiare.
Questo avrebbero dovuto fare gli sconfitti del ventennio e questo è proprio quanto dicono loro le punte dei forconi aizzate certo dalle tv in cerca di audience e di guai. Anche Grillo aveva detto questo, da anni, col suo immondo vaffa, con le sue squadristiche gogne, infine coi suoi numerosissimi parlamentari ridotti ad uno squallido coro greco che insulta e inveisce incapace di qualsiasi opzione politica. Ed ecco che Grillo viene all’improvviso preso in contropiede dallo spontaneismo a macchia di leopardo o a gatto selvaggio, che s’illude di cavalcare un po’ come si illude(va) lo stesso Cav alle prese con i suoi dolorosi guai, fra cui una quasi impossibile riallocazione politica.
Tutto accade in fretta, furiosamente live, e tutto sembra andare verso una non soluzione dopo che, al tragico fallimento ventennale, si è aggiunto quello delle Grandi Intese, scardinate dall’impulso giudiziario anti-Cav in azione da mo’ e, infine, dal secondo colpo mortale inferto dalla Corte Costituzionale. Non basterà la buona volontà di Letta e la sua duplice fiducia, purtroppo. La nuova maggioranza grazie ai pur ardimentosi alfaniani teorici del mantra “governabilità e stabilità altrimenti c’è il caos” non ha tempo e spazio davanti a sé perché la sconfitta del Colle la indebolisce e la svuota dei suoi “fondamentali riformatori”. L’arrivo in soccorso di Renzi contiene in sé i germi della crisi proprio per la velocità che lui stesso, un anno fa, impresse alle cose, e che l’ha superato oggi, grazie anche alla promessa della nuova legge elettorale entro maggio.
Un duplice errore fatale. Intanto agli italiani, figuriamoci a quei quattro gatti selvaggi forconiani, non gliene può fregare di meno, della legge elettorale, e poi il termine del maggio 2015 è lontano, lontanissimo, avvolto dalle nuvole del politichese, rispetto alle attese dell’avvento salvifico della nouvelle vague, e alla velocità delle onde che si susseguono. Renzi se ne accorgerà, se è davvero un politico all’altezza del nome, fra qualche giorno.
Quando capirà, se vorrà o potrà, che c’è una sola strada da percorrere rispetto allo tsunami prodotto dalla Suprema Corte con la sua sfida al Parlamento, al Colle e al Governo, combinato col profondissimo disagio sociale. La strada maestra di fare subito, illico et immediate, in poche settimane, e con chi ci sta, anche con un decreto di Letta (cui conviene, se ci pensa bene, altrimenti sarà il notaio del suo proprio fallimento) una legge elettorale valida, cioè possibile e potabile, e poi votare. Questo doveva, dovrebbe, annunciare Renzi: votare a maggio. Se non prima. E se non sarà troppo tardi.
di Paolo Pillitteri