Checco Zalone ha proprio ragione

mercoledì 4 dicembre 2013


Non si capisce perché da qualche parte del sopracciò quotidiano, si alzino lamenti per lo scarso share del “Trio Lescano” del Partito Democratico su Sky. Sembravano i quattro meno uno dell’Ave Maria ma senza pistole, senza cavallo e, soprattutto, senza idee. Appeal compreso. Matteo Renzi, che corre corre, ma non sa dove. Certo non a vedere il film di Checco Zalone, forse a rivedere il morettiano Caimano. Non si capisce nemmeno perché uno come Angelino Alfano minacci Renzi, il più fico di quel trio per pochi intimi.

Ma questo c’entra poco col discorso che stiamo facendo, ma serve. Serve a introdurci in quel Paese reale, meglio, iperrealistico, che la società civile della signorina snob di molti giornali progressisti – quasi tutti - ha in gran dispetto, arrivando al punto di squalificare l’Italia che corre, quella sì, a vedere l’ultimo film di Checco Zalone, il vero protagonista-interprete del Paese sull’orlo del precipizio. Per la signorina snob, Zalone è il peggio del peggio non tanto o non solo perché non dice niente di sinistra, ma soprattutto perché dice tutto, ma proprio tutto del Bel Paese. Diciamo che lo descrive e lo percorre nelle sue viscere piuttosto che nei gangli nervosi e intelligenti, eppure, ecco che proprio in questo volo radente, spesso dal di dentro del ventre italiano, il film in Italia più visto - dicono inaspettatamente gli snob - costituisce la sua più vera narrazione storico-sociologica e politica.

Perché l’immensa pancia italiota ha trovato in un film, peraltro senza alcuna pretesa politica, storica e sociologica, il suo disincantato e qualunquista Omero? Perché Zalone è l’Italia, è il suo ritratto, è la sua gente, è il suo destino. Del resto, lo erano anche i filmetti di Totò, di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, per non dire di Alberto Sordi. Rivalutati ex post. Con la differenza che il cantore di oggi se ne sbatte della commedia all’italiana di una volta e dei sui maestri, ma se ne fa maestro innalzandosi sulla cattedra senza darlo a vedere, senza volerci insegnare nulla che non sia, appunto, una risata sugli altri e su noi stessi. Specchio e immagine riflessa di una realtà sfilacciata e di una società in crisi ma non fino al punto da non essere più capace di reagire.

È l’Italia che resiste, nonostante la politica di oggi. Non con i “vaffa” di Grillo e le sue funeree estreme unzioni, e neppure con i moniti del Colle e le scissioni della destra dove si rischia di finire a schifio. La reazione zaloniana è uno sberleffo sullo schermo, è una risata facile facile, è una voglia di evadere proprio da questa crisi, da questo girare intorno a se stessi, dove il problema del’Imu sta diventando una prosecuzione di un brutto film di Zalone, ma con un pizzico di Kafka. Che dire, che fare? Andare al cinema, caro Alfano e godersi mezz’ora di Checco l’immaginifico che, probabilmente, riuscirà a farti concentrare su un dettaglio che ti è sfuggito e che, pure, sta alla base delle tue recenti mosse.

Questo dettaglio si chiama Letta, non Renzi. Fuori da ogni allegoria, cioè fuori dai denti, cos’è che non convince di questo immenso coacervo di stop and go, di reticenze e timori, di fare e disfare, di andare non si sa dove, di girare a vuoto? È la debolezza del Premier. I suoi silenzi. Grillo vuole incriminare Napolitano? Silenzio da Palazzo Chigi e non solo. Grillo recita il de profundis sui partiti, tutti, che vuole destinare al macero o alla galera? Silenzio di tomba, a parte il povero Cicchitto; ma Letta che fa? E Renzi, il Renzi che vuole mandare a casa Letta promettendo mare, monti e arcobaleni del paese dei balocchi, che risponde? Promesse, promesse, parole, parole, proprio come Civati.

Ma che gliene frega all’Italia di Zalone di costoro, del “Trio Lescano” e degli altri? Dai palazzi esce un mutismo da bocche cucite, paralizzate: en attendant il Congresso. Intanto il grosso di Forza Italia insulta i cugini manco fossero mutati, di colpo, in mostri, in Alien cattivi di un’altro pianeta, mentre altro non sono che l’altra faccia della loro medaglia. Una medaglia ancora di valore? Forse. Ma, intanto, vada il buon Alfano (e perché no, pure il Premier) a rilassarsi con Zalone. Bastano venti minuti della cura e usciranno con le idee più chiare. Perché il Zalone che è in noi e in loro ha sempre ragione.


di Paolo Pillitteri