Il compromesso dell’appoggio esterno

mercoledì 13 novembre 2013


L’unico compromesso possibile tra lealisti e alfaniani del Popolo della Libertà è di reagire all’“omicidio politico” rappresentato dal voto del Partito Democratico per la decadenza di Silvio Berlusconi uscendo dalla maggioranza e dal governo e decidendo l’appoggio esterno al governo di Enrico Letta. La formula dell’“appoggio esterno”, si sa, è stantia e ricorda i giochi di Palazzo della Prima Repubblica.

Ma non è forse vero che la Seconda Repubblica è ormai al suo epilogo e in questa fase delle larghe intese tenacemente volute e imposte dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sembra aver riportato indietro l’orologio della politica di almeno trent’anni? L’appoggio esterno, dunque, anche se odora di naftalina, può rappresentare un buon compromesso temporaneo tra le due fazioni in lotta nel Pdl-Forza Italia.

Perché da un lato soddisfa la richiesta dei lealisti e dello stesso Berlusconi di non restare con le mani in mano di fronte all’espulsione dal Parlamento del leader del centrodestra. E dall’altro va incontro all’esigenza posta dagli alfaniani di non staccare la spina al governo e non aprire le porte alla possibile formazione di un governo di sinistra destinato a provocare al centrodestra più guasti di quanto riesce a provocare quello attuale.

L’appoggio esterno, inoltre, consente al Pdl tornato ad essere nel frattempo Forza Italia di avere più mani libere nei confronti dell’Esecutivo. Cioè di potersi muovere con maggiore libertà rispetto alla difesa ad oltranza dell’Esecutivo in vista della prossima campagna elettorale per le europee e, soprattutto, della ormai quasi certa elezione di Matteo Renzi alla segreteria del Pd. Certo, l’appoggio esterno presuppone la rinuncia della delegazione al governo.

I ministri ed i sottosegretari, tutti di strettissima osservanza alfaniana, dovrebbero rinunciare alle loro poltrone e tornare all’attività politica di partito. Ma quale migliore occasione per replicare con i fatti concreti all’accusa dei loro nemici interni di subordinare la lealtà a Berlusconi alla lealtà ad Enrico Letta solo per non perdere posizioni di potere che chissà quando mai potrebbero ricapitare nel futuro? L’operazione, ovviamente, non è facile.

Ma c’è una considerazione che dovrebbe spingere gli alfaniani governativi a compiere un sacrificio del genere. Dall’approvazione della legge di stabilità in poi si aprirà di fatto una lunghissima campagna elettorale. Non necessariamente quella delle elezioni anticipate. Sicuramente quella delle elezioni europee di fine primavera.

Elezioni che si giocheranno non solo e non tanto sulla contrapposizione tra europeisti ed antieuropeisti ma anche, e soprattutto, tra europeisti rigoristi e filo-germanici e diversamente europeisti decisi a portare avanti un’idea di unità europea diversa da quella dei burocrati di Bruxelles, dei banchieri di Francoforte e della Cancelliera da quarto Reich, Angela Merkel.

Alla fine di una campagna elettorale di questo genere quanti elettori potranno mai trovare nel centrodestra i governativi alfaniani decisi a non accettare compromessi di sorta e ad immolarsi fino all’ultimo in difesa di Enrico Letta e della poltrona?


di Arturo Diaconale