Il falso problema delle due lealtà Pdl

martedì 12 novembre 2013


Nessuno è in grado di prevedere se il Consiglio Nazionale del Pdl-Forza Italia riuscirà a tenere unito il partito fondato da Silvio Berlusconi o sancirà la spaccatura tra la componente dei lealisti e degli alfaniani. A stare al livello raggiunto dalle risse verbali che ormai scoppiano quotidianamente tra berlusconiani ortodossi e diversamente berlusconiani e ora anche tra Berlusconi e Alfano, si dovrebbe stabilire che la lacerazione tra i due gruppi è ormai irreversibile e che la scissione è di fatto consumata.

Ma se si riflette senza cedimenti emotivi sulle convenienze effettive dei contendenti e del loro riferimento comune, cioè Silvio Berlusconi, si dovrebbe concludere che la ricomposizione, magari sotto forma di anticipo di una federazione destinata ad allargarsi a tutte le altre forze minori del centrodestra, sarebbe la strada obbligata per le diverse componenti del Pdl-Forza Italia. Questa riflessione parte dalla constatazione che il grande motivo di divisione tra lealisti e alfaniani è, in realtà, un falso problema. La contrapposizione tra la lealtà al Cavaliere o la lealtà al governo di larghe intese è, infatti, una sciocchezza colossale. Perché Berlusconi verrà comunque dichiarato decaduto e il governo, anche nel caso di scissione, risulterà talmente indebolito da non avere fiato e forza per andare avanti dopo l’approvazione della legge di stabilità e l’elezione del nuovo segretario del Partito Democratico.

Il vero problema, allora, non è di scegliere tra opposte realtà ma di capire quale potrà essere lo scenario politico che si determinerà dopo la decadenza di Berlusconi e l’avvento di Matteo Renzi alla guida del Pd e valutare la strategia politica più opportuna per essere all’altezza della nuova situazione. Chi sostiene che tenere in piedi il governo con la maggioranza ristretta del 2 ottobre consentirebbe, dopo aver espulso il Cavaliere dal Senato, di evitare le elezioni anticipate e consentire a Letta di durare fino al 2015, sa bene di prospettare l’impossibile.

Perché per continuare a portare avanti la linea del rigore imposta dall’Europa è indispensabile poter contare sulla più ampia maggioranza possibile. E quanto potrebbe reggere un governo dalle intese ristrette di fronte all’inevitabile offensiva lanciata non solo dal solito Grillo ma anche da un Berlusconi espulso dal teatrino della politica e considerato dalla stragrande maggioranza del proprio elettorato vittima del Pd e della magistratura politicizzata? Non va dimenticato, a questo proposito, che anche a voler evitare le elezioni anticipate a marzo si dovrà comunque votare per le elezioni europee in primavera.

E che queste elezioni saranno destinate a diventare non solo una sorta di referendum sull’austerità imposta dall’Europa ma anche sul governo che applica in Italia la linea dell’eccesso di rigore voluto dai Paesi del Nord del Vecchio Continente. Ad allora? Invece che pensare a dividersi le componenti del Pdl-Forza Italia dovrebbero incominciare a ragionare sull’eventualità di seguire la strada già sperimentata in occasione dell’epilogo del governo dei tecnici di Mario Monti. Anche allora c’era chi parlava di crisi di governo come di un salto nel buio. Ma non va dimenticato che quel salto portò un Pdl che era valutato attorno al 14 per cento a recuperare dieci punti ed ad imporre il pareggio ad una sinistra già certa di una sicura vittoria.


di Arturo Diaconale