venerdì 8 novembre 2013
Ti amo perché sei bella dentro, ti amo perché non sei falsa come i moralisti da mercato, come i declamanti i precetti per gli altri. Ti amo come si può amare la squadra del cuore, come una persona in carne e ossa, come si ama un panorama, un quadro, un tempo della vita, un cane abbandonato. Come si ama il Presidente Napolitano. Come si amano i difetti di questo nostro Paese, grande e bello. Ti amo così come sei, non avvolta in un doppio petto, non con gli occhiali e sguardo volto nel nulla degli intellettuali.
Ti amo perché porgi l’aiuto che puoi, perché come ogni persona buona offri la possibile disponibilità per gli altri, con tutte le tue forze e tutte le tue energie, per compiere il tuo dovere con impegno e abnegazione. Ti amo perché interpreti le istituzioni nel compimento del fare e non sulle carte e sui libri. Io ti amo Cancellieri perché con il tuo sublime gesto umano hai insegnato a questi tremebondi opinionisti di regime, ai nostri ignoranti rappresentanti del popolo sovrano, sine titulo (il titolo non lo fa l’attestato), che gli eroi non sono quelli senza macchia e senza paura, ma quelli che non si genuflettono alle opinioni dei benpensanti, ai comandamenti dell’inquisizione pubblica, alle indicazioni dei servi e portaborse, alle condanne degli intellettuali a posto fisso, ai difensori della democrazia di carta, a tutte quelle nostrane moltitudini che gridano, si lamentano, danneggiano, insultano, feriscono le maggioranze silenziose, ma che quando si devono impegnare in un lavoro socialmente utile vanno allo stadio, al cinema e al ristorante a “magnà”.
Giornalisti marchettari a prezzi stracciati, falsari di Stato dite qualcosa. Giornalisti a basso costo, pronti a vendersi al maggior offerente, dipendenti di editori impresentabili almeno una volta abbiate uno scatto di dignità, indignatevi a ragione non secondo convenienza, abbandonate il chiacchiericcio di condominio. La terra trema, gli economisti litigano, i soldi sono finiti, il default è dietro l’angolo, non funziona nulla, la disorganizzazione è totale. Ricordate il libro “La sfida americana” (1969) del vostro collega francese Jean Jacques Servan Schreiber? Bene, andrebbe riletto. Gli abusivi di cariche pubbliche, i leccaculo di capi di partito si permettono di criticare il ministro Cancellieri, approfittando delle opportunità offerte dalle intercettazioni commissionate da magistrati senza macchia e senza paura, che favoriscono la commistione di condotte personali di appartenenti alla famiglia.
Un tempo, quando la sinistra tuonava contro la società capitalista che generava delinquenti, si diceva che le colpe dei padri non possono essere addebitate ai figli e viceversa. Le macedonie alla frutta sono buone, quelle delle accuse sono una infamia. Io ti amo Cancellieri, perché a distanza di quarant’anni posso dire con ragione quello che diceva un dissidente sovietico: “Non posso essere liberamente con voi finché non sarò libero di esservi contro”. Allora io vi dico dimettetevi tutti, perché nessuno di voi è degno di amministrare per gli altri. Sono le uniche parole che quel buffone incappucciato ha urlato dalla televisione del servizio pubblico per portare in Parlamento un gruppo di ripetenti agli esami di terza media. L’errore è che lui non si dimette da leader e portavoce della zavorra intellettuale del Paese.
I nove milioni di voti ottenuti sono stati portati dai nostri giornalisti tanto codardi da non assumere in prima persona le loro responsabilità comunicative e quelle personali, mandando allo sbaraglio il protestatario di turno, come è sempre stato. Allora io vi dico, antipatici idioti, non cercate di dare nutrimento al vostro infantile narcisismo delegittimando gli altri, nel banale tentativo di primeggiare tra mediocri per apparire migliori. Allora io vi dico, gaudenti cialtroni, di pregare (nel senso laico di autocritica, non quella del vecchio Pci) e di lavorare, compiere delle opere, delle attività utili, di agire per fare. Chi è senza peccato scagli la prima pietra. So che siete mutilati di entrambe le braccia, in senso figurativo. E quando il compito è quello del giudicante, come il magistrato, l’insegnante, fatelo con il dubbio, allontanando ogni certezza, con la preoccupazione di non aver valutato tutti gli elementi, tutte le variabili, secondo il cammino della scienza per tentativi ed errori.
Allora io vi dico, allegri somari, che la legge è diseguale per tutti. Quella scritta vale per tutti, ma l’applicazione della norma dipende dalla fattispecie concreta, dall’organizzazione della giustizia, dalle prove che si possono fornire (pur avendo ragione) e dal magistrato che si incontra (non sono tutti uguali). Ai cantori della legge uguale per tutti io dico che l’errore di fondo di questi analisti estemporanei del problema macroeconomico della giustizia italiana parte sempre dalla norma declamata nella sua fattispecie generale ed astratta, volta per quanto possibile a regolamentare la realtà complessa e mutevole nel suo manifestarsi nel tempo, nello spazio e nelle singole vicende personali che oggettivamente non può trovare una applicazione uguale per tutti.
A casi sostanzialmente uguali corrispondono sentenze sostanzialmente diseguali. Non sarebbe il caso di scomodare l’opera di Jean Paul Sartre “Le mani sporche” composta nel 1948, che al momento della rappresentazione attirò le ire del Partito comunista francese a tal punto che lo scrittore decise di ritirare il permesso per la messa in scena? Anche i fratelli francesi non avevano capito nulla allora. Adesso? Allora io vi dico, detrattori alla nutella, amatevi gli uni con gli altri e imparate l’arte del silenzio per evitare di perdere una buona occasione. Cancellieri, resta dove sei finché puoi; questi patetici imbecilli che ti criticano non fanno la storia di questo Paese, sono destinati a perire nel volgere di una sola estate, a perire nella loro pochezza, a lasciarci senza l’onere di una lacrima. Sono il nulla e il nulla non si sente quando vive e non fa rumore quando muore, appunto, il nulla.
di Carlo Priolo