sabato 26 ottobre 2013
Della legge elettorale è stato detto tutto il male che merita. Dai promotori e dagli oppositori. Il principale, inemendabile, difetto consiste nella prerogativa concessa ai capi partito di nominare a loro piacere, individuale e arbitrario, i deputati e i senatori. “Il risultato è il Parlamento che abbiamo visto all’opera in questi giorni: risse e insulti, retorica e rettifiche, cori da stadio, sintassi imbarazzante almeno quanto le intenzioni che nasconde.
Li avessimo scelti noi, i parlamentari, sarebbero stati migliori. Come posso dirlo? Beh, peggiori è difficile. Dite che è solo una questione di gusti? Beh, il Parlamento italiano contiene oggi un’ottantina tra inquisiti, imputati o prescritti; e una ventina di pregiudicati. Questi non sono gusti: sono fatti” (Beppe Severgnini, Il Corriere della Sera, 16 dicembre 2010, pag. 55). Com’è un fatto la compravendita dei parlamentari, che però fa parte integrante del sistema rappresentativo, sebbene, da quando i partiti hanno allentato la presa, ideologica e materiale, sugli eletti, il mercato sia diventato più vivace, esteso, redditizio, tanto per chi vende quanto per chi compra.
Esiste tuttavia l’altra faccia della medaglia, inspiegabilmente mai considerata. Il potere di scegliere i candidati certi dell’elezione è assoluto nel bene e nel male. I capi partito hanno, per legge, piena facoltà di portarsi dietro in Parlamento la crema della nazione. Se preferiscono la feccia, avranno le loro cattive ragioni. Infatti all’apparenza è inspiegabile perché vengano elevati alla dignità parlamentare i somari, le cavallone, i birbanti, che in quanto tali screditano innanzitutto chi li presceglie.
Se davvero volessero, i capi partito potrebbero inzeppare le Camere di saggi, probi, competenti parlamentari, femmine e maschi. Ma evidentemente non vogliono. Il perché è ovvio. L’eccellenza umana non è facilmente né malleabile, né corruttibile, né governabile. Mentre i capi partito, che sono sperimentati uomini di potere, prediligono la fedeltà bovina di seguaci, meglio se ricattabili.
Per quanto non si possa e non si debba generalizzare, perché in Parlamento siedono ciò nonostante anche donne e uomini di prim’ordine in tutti i sensi, ma purtroppo soprattutto “ad colorandum”, gli effetti sostanziali della legge elettorale portano, se ce ne fosse bisogno, l’ennesima prova a carico degli stolti che si ostinano ad aspettarsi dai politici il buon uso dei poteri illimitati dei quali siano riusciti ad impossessarsi.
di Pietro Di Muccio de Quattro