sabato 12 ottobre 2013
E' facile prevedere che lo scontro in atto nel centro destra tra lealisti ed alfaniani non si concluderà nel giro di poco tempo ed andrà avanti per tutto l'inverno e fino alla vigilia delle elezioni europee. Sarà quello il punto d'arrivo della lotta al coltello per il controllo del Pdl che si sta svolgendo tra i berlusconiani ortodossi ed i diversamente berlusconiani. Perché le europee diventeranno la cartina di tornasole delle reali intenzioni degli uni e degli altri.
Di fronte ad un voto che rappresenterà un test politico di primaria importanza per ogni singolo partito e per gli equilibri politici complessivi del paese, le diverse componenti del Pdl saranno costrette a decidere se rimanere unite in una unica formazione politica o dividersi tra una versione italiana del Ppe europeo aperto all'Udc ed ai cattolici di Scelta Civica ed un Pdl ispirato ai conservatori inglesi o ai gaullisti francesi. Chi sostiene che per evitare di arrivare ad una rottura del genere in primavera sarebbe opportuno celebrare un congresso in inverno ha perfettamente ragione. Ma chi replica che in un partito dove non si è mai tenuto un congresso sia praticamente impossibile realizzarlo di qualche mese non ha affatto torto.
E allora? Come conciliare le ragioni degli uni e le considerazioni degli altri senza anticipare ad oggi la spaccatura destinata a dare vita a due formazioni politiche diverse che sembra profilarsi nel prossimo futuro? Innanzi tutto rilevando che in un partito fornito di un leader che, almeno a parole, gode della fiducia di tutte le diverse componenti, la convivenza tra chi si ispira al popolarismo d'ispirazione religiosa e chi al conservatorismo inglese o al gaullismo francese non è affatto impossibile. Non tanto per ragioni culturali quanto per una esigenza fin troppo pratica. Se le due componenti sono unite, il loro partito può competere ad armi pari con la sinistra. Se sono divise vengono inevitabilmente battute.
A questa prima risposta se ne aggiunge una seconda che riguarda il rapporto tra le diverse componenti ed il loro elettorato. Non ci vuole grande acume, infatti, nel rilevare che dallo scontro in atto tra lealisti ed alfaniani gli elettori del centro destra sono completamente e rigorosamente esclusi. Si dice che questa è la prassi del partito leaderistico. Ma si tratta di una colossale bugia. Perché la prassi del partito leaderistico è data dal rapporto diretto tra leader ed i suoi elettori. E ciò che sta avvenendo nel Pdl è l'esatto contrario di una prassi del genere visto che lo scontro è tra pezzi di nomeklatura per stabilire chi tra di loro ha la possibilità di un rapporto più stretto con il leader.
Il ché comporta il progressivo allontanamento tra il leader ed il proprio elettorato come dimostrano i sondaggi secondo cui cresce l'astensionismo tra il popolo del centro destra. Se si vuole evitare la scissione, allora, non c'è che far rientrare in campo gli elettori ed i simpatizzanti e riannodare il filo tra loro ed il Cavaliere. Come? Uscendo dalle stanze dei Palazzi del potere e ritornando tra la gente che chiede solo di poter dire la sua e partecipare in qualche modo alla discussione sulla sorte del movimento che aveva acceso la speranza del grande cambiamento del paese. Se non si può celebrare il congresso si riaprano i club. E si ricominci dalla base!
di Arturo Diaconale