Stabilità, miracolati e piccolo cabotaggio

venerdì 11 ottobre 2013


La prospettiva di elezioni anticipate, che nelle settimane scorse sembrava essere reale per l'intreccio di spinte diverse ma concomitanti da parte delle principali forze politiche, è totalmente svanita. Alla prova dei fatti sulla rabbia di parte del Pdl per le vicende di Berlusconi, sulla spinta destabilizzatrice di Beppe Grillo e sugli interessi di Renzi e dei suoi nemici del Pd di usare le urne per eliminarsi vicendevolmente, ha prevalso l'istinto all'autoconservazione di un Parlamento che ha meno di un anno d'età.

Di fronte all'interesse concreto di conservare uno lauto stipendio ottenuto per un miracolo irripetibile, la stragrande maggioranza dei parlamentari di ogni partito ha messo da parte le rabbie personali e le strategie politiche ed ha applicato la nota regola del Conte Ugolino del “più del dolor poté il digiuno”. La faccenda non stupisce né scandalizza. Sarà pure poco nobile ma è fin troppo normale.

 Ed anzi, proprio perché fondata su un naturale istinto di conservazione, costituisce il collante più solido dell'attuale formula di governo ed il puntello più forte della tanto agognata stabilità. Ormai si sostiene che di elezioni si riparlerà solo dopo il 2015 . E qualcuno ipotizza che si arriverà a fine legislatura. Sempre per evitare che un parlamento di miracolati diventi un parlamento di gente destinata in gran parte ad ad allargare le fila della disoccupazione.

Un così forte fattore di stabilizzazione andrebbe messo a frutto. Non per solo per consentire ai miracolati di godere del benessere piovuto dal cielo ma per compiere scelte capaci di incidere effettivamente sulle cause che sembrano condannare il paese ad un futuro sempre più oscuro. Se non ora che la stabilità è assicurata non dalle alchimie politiche ma dagli interessi reali dei deputati e senatori, quando? L'occasione sarebbe più che propizia per una inversione di tendenza, una svolta, un qualche gesto di maggiore coraggio rispetto al pattato. L'impressione, invece, è che anche questa possibilità venga gettata al vento.

E che invece di concentrarsi su riforme efficaci la stabilità possa essere sprecata solo in iniziative demagogiche e di pura facciata. Ad alimentare questo timore non c'è l'enfasi eccessiva che viene data a questioni oggettivamente marginali come la battaglia sulla modifica della Bossi-Fini ( che comunque andrebbe adeguata alle nuove realtà). C'è , soprattutto, la presa d'atto che la politica economica del governo continua ad essere ispirata solo a ragioni contabili contingenti e non ad esigenze di più ampia portata.

La furbata di far circolare la notizia di un aumento della benzina per poi smentirla, il tutto allo scopo di nascondere sotto questo polverone mediatico che la cosiddetta manovrina sarà tutta giocata solo su nuovi incrementi di tasse, è il segno inequivocabile che l'unico modo di sfruttare la stabilità è quello del piccolo cabotaggio. Ma il paese può reggere altri due, tre o quattro anni con piccole misure contingenti tutte rivolte ad aumentare progressivamente la pressione fiscale perché non si ha il coraggio di compiere una svolta fondata fatalmente sulla riduzione dei privilegi delle corporazioni e delle lobby ? E, soprattutto, la società italiana che non è composta da miracolati ma da vessati (come i pensionati a cui si congelano retribuzione non d'oro ma di sopravvivenza) fino a quando potrà sopportare una stabilità trasformata in sudario di morte?


di Arturo Diaconale