giovedì 1 agosto 2013
La regola è che un indizio è un indizio, due indizi sono due indizi ma tre indizi sono una prova. Estendendo la stessa regola si può tranquillamente affermare che un processo è un processo, due processi sono due processi, tre processi possono ancora essere solo tre processi. Ma quanto il numero dei procedimenti penali diventa a due cifre la faccenda cambia aspetto e diventa persecuzione giudiziaria. Si può capire lo sforzo dei giudici della Cassazione di non tenere conto di questa considerazione e di cercare di trattare la “causa n.8” come una delle tante e normali cause su cui sono chiamati a giudicare. Nessuno può e deve pretendere che il loro giudizio possa essere influenzato o condizionato dalla circostanza che l'esito della “causa n.8” possa provocare la caduta del governo, l'apertura di una crisi senza sbocco, il ritorno della speculazione finanziaria internazionale e lo sconquasso generale del paese.
Al tempo stesso i giudici della Cassazione non possono e non debbono pensare di avere l'occasione di correggere l'anomalia della persecuzione giudiziaria emettendo una sentenza di assoluzione od essere tentati di eliminare quella che da altro punto di vista viene considerata la causa principale dell'anomalia, cioè il ruolo politico dell'imputato Silvio Berlusconi. Questi obblighi non sono un limite per la Cassazione. Al contrario, la possibilità di affrontare la “causa n.8” senza tenere minimamente in conto l'anomalia rappresentata dalla persecuzione giudiziaria nei confronti di un leader o, al contrario, quella di un leader politico che è la causa dell'anomalia a causa della sua inguaribile tendenza a delinquere, è un vantaggio incommensurabile per i magistrati del Palazzaccio di piazza Cavour. Non spetta a loro, infatti, il compito di esaminare l'anomalia che grava sul paese e che dopo averne condizionato gli ultimi vent'anni minaccia di condizionarne il futuro immediato ed anche quello più lontano.
Il compito spetterebbe alla cosiddetta politica. Che dovrebbe innanzi tutto capire le ragioni per cui si è verificato un fenomeno di persecuzione giudiziaria di durata ventennale o , ipotesi contraria, per vent'anni un delinquente abituale è stato al vertice di uno degli schieramenti politici del paese assumendo per lungo tempo anche la carica di Capo del Governo. Ma la politica è in grado di svolgere il compito che non spetta alla magistratura, sia essa della Cassazione che di qualsiasi Tribunale? La risposta è nei fatti. La politica non è in grado di compiere una impresa del genere. L'anomalia nasce proprio dal fatto che in tutti gli ultimi vent'anni una parte della politica ha sperato che la magistratura eliminasse attraverso una clamorosa persecuzione giudiziaria il proprio principale avversario politico e la parte politica di questo personaggio si è preoccupata esclusivamente di usare l'arma politica per creare ostacoli di tipo giudiziario alla macchina perversa di una magistratura caricata di compiti non propri.
Pensare che la politica possa riempire di colpo il vuoto lasciato da se stessa è farsi delle assurde illusioni. Purtroppo la sentenza della Cassazione che potrebbe cambiare le sorti del paese è destinata a non cambiare nulla da questo punto di vista. A meno che la politica responsabile non incominci seriamente a riflettere che la causa principale del declino italiano sia stata proprio la delega lasciata irresponsabilmente dalla politica ad una magistratura non titolata (ed incapace) di svolgere un ruolo così alto ed impegnativo. Nell'agenda del governo Letta, dunque, come dimostra anche il caso Fiat, il ritorno della politica nel vuoto lasciato da se stessa sotto forma di riforma della giustizia dovrebbe assumere il primo posto. In caso contrario l'anomalia è destinata ad uccidere il paese!
di Arturo Diaconale