Renzi e i nodi irrisolti del Pd

martedì 18 giugno 2013


Nonostante la buona affermazione del Partito democratico nelle recenti amministrative, al suo interno restano irrisolti alcuni fondamentali nodi politici. Nodi politici i quali, a cominciare dalla leadership e dal conseguente posizionamento programmatico, rappresentano un problema molto grande dentro una formazione che sembra destinata a restare perennemente a metà del proverbiale guado. Ovviamente la questione Renzi continua a trovarsi al centro del dibattito interno. E paradossalmente il successo del Pd in questa tornata elettorale ha ulteriormente ingarbugliato il confronto sulla supremazia nel Pd. Infatti, nonostante aumenti il numero di quelli che cercano di salire sul carro del sindaco di Firenze, dato per sicuro vincitore, la vecchia guardia del partito sarà certamente tentata dall'idea di puntare su un altro cavallo, con l'idea di salvaguardare il più possibile il pesante apparato.

D'altro canto non sarebbe la prima volta che gli eredi del Pci commettono l'errore di orientare le proprie future scelte strategiche sulla base dei risultati di un turno amministrativo, in cui per tradizione ottengono quasi sempre riscontri assai superiori rispetto alle successive politiche. In questo momento, a parte il segretario di pacificazione Epifani - uomo molto rispettabile, ma privo di truppe cammellate -, l'unica alternativa credibile al giovane rottamatore fiorentino è quella del premier Enrico Letta. Uomo anch'esso giovane ed teoricamente spendibile come personaggio a metà tra il cambiamento e la rassicurante mediazione, pur avendo ricoperto ruoli importanti all'interno del Pd. Tuttavia, molto dipenderà da ciò che il suo ministero delle larghe intese riuscirà a combinare nel concreto. Poiché, nel caso probabile di una fine ingloriosa del suo governo, Renzi & company non avranno alcuna difficoltà nel crocifiggerlo politicamente, inchiodandolo al ruolo di fallimentare artefice dell'intesa col bau bau Berlusconi.

Ma Letta, il quale non è certamente uno sprovveduto, cercherà in ogni modo di allungare il più possibile la durata della sua esperienza a Palazzo Chigi, portando magari a casa qualcosa da spendersi dentro il suo partito. E da questo punto di vista il tempo sembra giocare a sfavore di Matteo Renzi, il quale rischia di farsi logorare in una lunga posizione d'attesa. Tant'è che non sono affatto casuali i suoi continui richiami rivolti all'esecutivo a fare presto. Ufficialmente per spronare quest'ultimo a lavorare per risolvere i problemi degli italiani, ma sotto sotto con l'intento di tenere sotto pressione quella indefinita compenente del Partito democratico che magari sognerebbe di riorganizzarsi, dopo la catastrofe Bersani, sotto una ledership diversa da quella del rottamatore doc. Da questo punto di vista la lotta è ancora lunga e per nulla scontata.


di Claudio Romiti