venerdì 17 maggio 2013
Scelta Civica prima ha perso Futuro e Libertà, cancellato dalla scena politica dal risultato elettorale. Ed ora perde l'Udc, che dopo essere uscito dimezzato dal voto, si è reso conto che continuare a rimanere legato al carro di Mario Monti avrebbe provocato la sua definitiva dissoluzione. Al cartello elettorale dell'ex Presidente del Consiglio rimangono dunque due solo componenti ed un garante. C'è il gruppo di Italia Futura di Luca Cordero di Montezemolo e di Nicola Rossi, che però ha già annunciato di non avere alcuna intenzione di trasformarsi in una mini-corrente di un mini-partito. E c'è la componente cattolica proveniente dalle Acli e dalla Comunità di Sant'Egidio che, a differenza dei montezemoliani, non avrebbe alcuna difficoltà a calarsi nei panni della corrente ma non sembra avere la consistenza necessaria ad essere tale.
C'è, infine il garante, Mario Monti, che però non ha alle spalle né una qualche organizzazione, né una qualche esperienza di attività politica di base. E che, nella consapevolezza di queste carenze, non può far altro che sperare di tenere insieme i due pezzi niente affatto omogenei o complementari del suo cartello (montezemoliani e cattolici di sinistra sono culturalmente e politicamente agli antipodi) autonominandosi, sull'esempio di quanto fatto a suo tempo da Ugo La Malfa nei confronti del centro sinistra classico, “coscienza critica” delle larghe intese e del governo Letta-Alfano. Bastano questi elementi per assicurare un qualche futuro politico a Scelta Civica? L'Udc ha dimostrato di non credere ad una prospettiva del genere ed ha scelto di uscire dal cartello incominciando, in vista delle elezioni europee del prossimo anno e della comune appartenenza al Ppe, una lenta ma decisa marcia di avvicinamento al Pdl. Ciò che rimane di Fli, dopo aver liquidato per “incapacità politica “Gianfranco Fini, ha dimostrato di pensarla allo stesso modo.
Ed ha incominciato a riprendere i contatti con la vecchia area di provenienza, cioè la destra degli ex An, e sembra destinato a ritornare, magari non con una trasmigrazione collettiva ma sotto forma di iniziative singole, alle proprie origini nel centro destra. Le due componenti restanti del cartello e lo stesso Monti , approfittando del fatto che Scelta Civica rimane comunque la terza gamba dell'alleanza delle larghe intese, appaiono ancora incapaci di fornire una risposta all'interrogativo e rinviano la risposta al momento in cui le larghe intese si esauriranno e una scelta per il futuro dovrà essere presa comunque. Questa paralisi, di cui Italia Futura sembra essere cosciente molto più della componente cattolica, è di per se un pessimo viatico per il prossimo cammino di Scelta Civica. Lascia presupporre che, in assenza di una decisione rapida sulla strategia politica da seguire, il cartello di Monti finirà col perdere progressivamente pezzi ed arrivare alla fine della parabola del governo Letta-Alfano senza aver più il fiato per poter poter andare avanti.
Se l'ex Presidente del Consiglio non fosse un tecnico imprestato occasionalmente alla politica e non un politico dilettante saprebbe che per svolgere il ruolo di “coscienza critica” nei confronti delle larghe intese sull'esempio di Ugo La Malfa verso il centro sinistra bisognerebbe essere La Malfa. Cioè un leader politico che nei confronti del centro sinistra aveva l'autorità di padre non solo fondatore ma anche ideatore e teorizzatore. Ma Monti non ha questa autorità. Perché non ha mai teorizzato o ideato la formula di governo attuale indicandola come indispensabile ed irreversibile. Ha solo guidato per un anno un governo occasionalmente sostenuto dall'esterno dal Pd e dal Pdl e l'unica scelta politica che ha compiuto non è stata di cercare di avvicinare ed armonizzare le forze alternativa ma di fare concorrenza ad entrambe nella temeraria pretesa di scompaginarle per condizionarle e conquistarle. E allora? La conclusione è prevedibile. L'unica incertezza riguarda la data dello “sciogliete le righe”. In autunno o nella primavera del prossimo anno?
di Arturo Diaconale