venerdì 10 maggio 2013
Ieri abbiamo scoperto... anzi, abbiamo avuto la conferma, che il governo tecnico guidato da Mario Monti è stato molto poco “tecnico”, piuttosto dilettantesco, nella scrittura delle leggi. E' durissima, infatti, la relazione della Corte dei Conti sui provvedimenti degli ultimi tre mesi del 2012 – legge di stabilità e decreto sviluppo – con il governo Monti ancora nella pienezza dei suoi poteri. Scarsa attendibilità delle stime sugli effetti finanziari; previsioni di gettito «ottimistiche»; coperture «inaffidabili» e addirittura «improprie», testi «disorganici» ed eterogenei. E la legge di stabilità che di fatto «non realizza la manovra». Ma resta l'Imu l'eredità più pesante lasciata dal governo Monti.
La drammatica ristrettezza di spazi di manovra fiscale in cui ci troviamo è ben rappresentata dalle indiscrezioni di queste ore sui primi atti che dovrebbero uscire dal Consiglio dei ministri convocato per le 18: i soldi per il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga arriveranno probabilmente da fondi stanziati per la formazione e i salari di produttività. E quanto all'Imu, per la sospensione della rata di giugno si parla solo di un “mini-rinvio” di 3 mesi, al 16 settembre. E ovviamente solo sulla prima casa. Di cui si parla fin troppo, è vero, considerando che rappresenta una parte minoritaria del gettito complessivo (4 miliardi su 24), ma forse perché è la tassa più odiosa, dal momento che gli italiani hanno sostenuto, e molti ancora stanno sostenendo, grandi sacrifici per pagare i loro mutui, con redditi e/o risparmi già abbondantemente tassati.
Ma non va dimenticato che l'Imu pesa sulla nostra economia soprattutto per la parte che grava – direttamente, o indirettamente a causa dei canoni di affitto sempre più proibitivi – sui capannoni e gli immobili industriali o commerciali. A ricordarcelo oggi è il “Sole24Ore”: sulle imprese volteggia la scure di una ulteriore doppia stangata Imu già prevista a legislazione vigente. Quest'anno, infatti, il moltiplicatore su cui si basa il calcolo dell'imposta passa da 60 a 65, un aumento dell'8,33%. Inoltre, a differenza dell'anno scorso, nel 2013 il gettito derivante dall'applicazione dell'aliquota standard su questa tipologia di immobili, fissata al 7,6 per mille, andrà interamente allo Stato centrale. Dunque, i Comuni che nel 2012 avevano applicato un'aliquota inferiore, dovranno adeguarsi al 7,6 per mille, non potendo certo incidere negativamente sulla riserva statale. E se riterranno di avere necessità di ricavare anche risorse proprie dall'imposta, saranno liberi di aumentare l'aliquota fino al 10,6 per mille.
Rispetto a 12 mesi fa, calcola sempre il “Sole24Ore”, le imprese dovranno sostenere aumenti del 51,1%, del 106%, e addirittura del 187%, a seconda delle città. Come si vede, quando la pressione fiscale complessiva raggiunge livelli così insopportabili come in Italia, si fa sempre più fatica a distinguere chi e cosa esattamente si va a colpire: l'Imu è una tassa patrimoniale, perché calcolata in base al valore dell'immobile che si possiede, ma alla fine è sempre con il proprio reddito personale, o con i ricavi d'impresa, che si paga. Quale rendita viene colpita? Non si colpiscono, piuttosto, capacità di consumi e d'investimenti? «Nessuno ha mai visto una casa pagare le tasse. A saldare i conti col fisco sono sempre persone in carne ed ossa, le quali di norma lo fanno attingendo ai propri redditi», ha scritto Alberto Mingardi su “La Stampa”.
Come abbiamo osservato ieri, dunque, i nostri problemi vanno ben oltre i 4 miliardi dell'Imu sulla prima casa. L'inasprimento della tassazione sugli immobili avrebbe dovuto permettere un generale riequilibrio del carico fiscale, orientato a favorire la crescita, quindi doveva essere compensato almeno in parte da un minor prelievo dai redditi e dalle attività produttive. Noi italiani, d'altronde, nel novembre 2011 pagavamo sugli immobili meno tasse degli altri europei. Con questi argomenti veniva giustificata la stangata dell'Imu dall'ex premier Monti, dai suoi ministri e da molti “autorevoli” economisti-commentatori. Peccato che ora – ma qui si sapeva come sarebbe andata a finire – ci ritroviamo con l'imposizione sugli immobili tra le più alte d'Europa, ma non s'è visto alcun “riequilibrio” su altri fronti di imposta, sul lavoro e sull'impresa. I 24 miliardi di Imu sono serviti tutti a fare cassa e nessun taglio alla spesa postumo (o recupero di evasione fiscale) è stato dirottato a ridurre altre tasse. All'enorme sacco di Stato ai danni di cittadini e imprese si sono semplicemente sommati 24 miliardi. Questi 24 miliardi – tagliando l'Irap o tagliando l'Imu – vanno restituiti se si vuole allentare il cappio al collo della nostra economica. Non serve a molto ora chiedersi quali tasse valga la pena tagliare, il problema è la volontà e la capacità di tagliare la spesa pubblica.
di Federico Punzi