Nessuna alternativa al taglio della spesa

venerdì 3 maggio 2013


Nel suo discorso alla Camera Il neo-premier Letta ha pronunciato un bel discorsetto ricco di interessanti proponimenti. Tra questi l'idea di non operare alcun taglio di spesa in deficit. Ciò vorrebbe dire che ogni euro di minori entrate dovrebbe essere obbligatoriamente controbilanciato da una somma equivalemente in termini di minore spesa pubblica. Tuttavia, occorre sottolinearlo, lo stesso presidente del Consiglio, pur avendo infiammato i banchi delle forze di governo con un lungo elenco di riduzioni d'imposte, non ha indicato dove si andranno a risparmiare le risorse necessarie per rendere sostenibile la complessa operazione.

D'altro canto, da questo punto di vista debbo sottoscrivere in toto l'intervento televisivo del mio amico Michele Boldrin il quale, ospite del sempre più massimalista talk "Piazzapulita", condotto da Corrado Formigli, ha spiegato con chiarezza cosa accadrebbe se l'attuale maggioranza si facesse prendere dalla tentazione di abbattere la pressione fiscale in deficit. In sostanza, ha efficamente teorizzato il cofondatore di Fermare il declino, se questo accadesse il prezzo che i risparmiatori interni ed esteri ci farebbero pagare in termini di maggiori interessi andrebbe ben oltre i benefici che l'eventuale detassazione comporterebbe; ammesso e concesso di trovare ancora qualcuno disposto a rischiare i propri soldi su un Paese che dilatasse ulteriormente il suo già enorme debito sovrano.

Inoltre, il professore veneto ha aggiunto che pure l'idea di andare a pietire in Europa un allentamento dei vincoli finanziari è del tutto illusoria, in quanto la tenuta del sistema italiano non dipende da ciò che la Merkel e soci possono eventualmente concederci in termini di sforamento del bilancio pubblico, bensì dal grado di fiducia circa la solvibilità dei prestiti contratti che il Paese riesce ad offrire. Ergo, se si continua a spendere e spandere tale grado di fiducia tenderà a scendere in modo inversamente proporzionale ai tassi di interesse richiesti per collocare i nostri titoli del Tesoro. Per questo motivo ritengo che un esecutivo responsabile dovrebbe in primo luogo rivolgersi agli italiani, spiegando loro che l'epoca della vacche grasse è finita per sempre. Soprattutto da quando i mercati finanziari hanno fiutato il pericoloso avvitamento in cui stava soffocando l'economia del Bel Paese, attraverso il combinato disposto di un eccesso di spesa pubblica e di tassazione, il ricorso ai prestiti quale strada privilegiata per mantenere il consenso politico e la cosiddetta coesione sociale non potrà più essere realizzato con leggerezza.

Tutto questo almeno fino a quando decideremo di restare nello standard sovra-nazionale della moneta unica. Da qui si deduce che se non vi sono alternative ad una drastico abbattimento della pressione tributaria allargata per rilanciare l'economia, nello stesso tempo non ve ne sono al fatto che tutto ciò debba essere necessariamente portato avanti tagliando l'enorme spesa pubblica. Ma per realizzare ciò occorre che chi compone l'attuale maggioranza sia disposto a pagarne un iniziale alto costo in termini di popolarita. Vi sono tuttavia alternative per scongiurare un declino altrimenti inevitabile? Io non credo.


di Claudio Romiti