Centrodestra a corto di cultura

martedì 16 aprile 2013


Caro Direttore, con una bordata senza precedenti, nell’arco di pochi giorni il quotidiano di riferimento del centrodestra, "il Giornale", ha pubblicato ben tre articoli, che meglio sarebbe definire appelli, tesi a recuperare sul “mercato” uomini di cultura per rilanciare il centrodestra. Tra i primi, quello di Paolo Guzzanti, seguito da Fabrizio Cicchitto e infine quello della Gelmini che, per essere stata ministro alla pubblica istruzione, è nel suo territorio. Nel frattempo caro Direttore il giornale che Tu dirigi, l’Opinione, ha reso noto un manifesto che di cultura appunto parla e che suggerisce concrete proposte per questa nostra Italia in disfacimento ma che non ha sortito diretti riscontri negli appelli sopra detti, agli estensori dei quali qualcosa deve essere sfuggito.

Ma non è di ciò che desidero parlare né a te né a chi mi legge, quanto piuttosto denunciare la strumentalità e quindi la mancanza di sincerità di certe “inserzioni economiche” rivolte al mercato della cultura. Perché a questo punto di “mercato” si tratta. Certamente appelli non marcati dal genuino convincimento che la cultura è la base necessaria al progresso di ogni attività umana, sia essa di conduzione aziendale che di conduzione politica di un paese. Perché se così non fosse, se non fosse che “questo” centrodestra ha avuto venti anni di tempo per coltivare e valorizzare una nuova classe dirigente portatrice di una cultura nuova e rivoluzionaria per un Paese, come l’Italia, ancorato a visioni ancora ottocentesche della società; se non fosse che invece “questo” centrodestra ha letteralmente cestinato ingegni e valori in nome di una conservazione del potere e dei privilegi che ora gli stanno sfuggendo di mano ad opera di grillini vari e di renziani d’attacco, allora oggi l’Italia non costituirebbe un problema all’interno del più vasto problema della crisi che ha investito la zona più evoluta del globo. Sorprende poi che questa ricerca sul mercato della cultura a buon prezzo sia promossa da alcuni che sono approdati alla corte di Berlusconi provenendo dalla sinistra.

In particolare non deve sorprendere che Cicchitto, di origini politiche socialiste di sinistra (ma guarda che distinzioni tocca fare!) nel suo articolo, sottolinei la intelligente strategia togliattiana che nel dopoguerra ha valorizzato ogni forma di cultura, compresa quella giudiziaria, costituendo così, dal cinema alla letteratura alla scuola, una base di consenso condizionante l’andamento del paese. Infatti se Cicchitto palesa solo oggi la validità di questa strategia togliattina, se ammette solo oggi di non averla applicata pur giudicandola valida, ammette nel contempo che della cultura, in questi ultimi venti anni, non è fregato per nulla e a nessuno nell’ambito di “questo” centrodestra. Insomma non un “mea culpa” ma, come dicevo, una ricerca di mercato di persone da cestinare ancora una volta dopo che abbiano fatto il servizio che a loro più aggrada, come lo stesso Cicchitto ricorda facendo nomi e cognomi. È evidente e affermativa inoltre in questa ricerca di mercato l’assenza di una cultura interna al gruppo dirigente dell’attuale centrodestra: autoreferente, supponente, mai umile di fronte ai problemi da affrontare, senza esperienze di studio e di lavoro che abbiano arricchito il loro bagaglio di conoscenze (fatta eccezione per pochi) e che oggi soffrono per mancanza del carburante, la cultura appunto, necessario per evitare le tragedie prossime venture. Vero è che questo centrodestra ha accolto varie anime che si sono date appuntamento sotto l’androne di Berlusconi provenendo chi dalla destra dura e pura, chi dalla sinistra.

Vero anche che non si sono nel frattempo organizzati per fare ciò che in altri paesi la politica è d’uso fare: servirsi di un think tank di esperti. Nel tempo, non hanno trovato di meglio che allontanare di fatto tutti coloro che avrebbero potuto marcare con la loro presenza il differenziale con la sinistra. Perfino l’intelligenza dell’ottimo Giuliano Ferrara (redento dalle frequentazioni culturali giovanili e autenticamente liberale) ha dovuto cedere il passo al potere dei distruttori. Ad altre prestigiose intelligenze di centrodestra è consentita libertà di scritto e di parola, ma nulla a che vedere con un pensiero strutturato, non ideologizzato, nulla a che vedere con una cultura metodologicamente attiva e pensante. Del resto, caro Direttore, quanti della nostra classe dirigente (intendo quella politica) sono al passo con i tempi e la cultura di un mondo che sembra correre verso inimmaginabili traguardi? Certamente non la classe dirigente della sinistra, sia essa post o vetero comunista. Quella che ha governato il nostro Paese, appunto! Che, se è in questa condizione di sfascio economico, morale, intellettuale, lo deve proprio alla sinistra che, come rileva Cicchitto, ha condizionato e condiziona fortemente ogni scelta sia che riguardi l’insegnamento scolastico, sia che riguardi le scelte energetiche allo stesso modo di quelle sulla politica del lavoro o sulla politica economica e dello sviluppo. Una sinistra vecchia e stantia che, non essendo corroborata da una cultura italiana sua propria ma da sempre condizionata dalle direttive della ex Unione Sovietica, alla sua caduta non ha saputo elaborare alcuna innovazione che avrebbe dovuto rendersi necessaria per affrontare i cambiamenti del mondo. Una sinistra da sempre abituata all’insulto che propone il marchio di “impresentabili” (un tempo erano fascisti) a quelli del centrodestra e, nel contempo, non si guarda allo specchio. Una sinistra arroccata poi su una Costituzione, definita dalla medesima “la più bella del mondo”, diventata un vangelo, ma che, appare datata e condizionata dagli eventi di allora ormai superati, anche se non digeriti.

Una Costituzione che non si vuole rimodellare almeno nelle parti riguardanti l’architettura dello stato anche per non palesare una totale assenza di cultura e di visione futura per una buona politica a vantaggio dei cittadini. Questi al momento sopportano sei livelli di sovrastrutture politico-amministrative, dai municipi all’Europa, che succhiano loro tutto il possibile e, in qualche caso, la vita. Anche per questo l’Italia si sta negando al mondo come un moderno paese liberale di stampo occidentale. Cancellati i redditi medi resteranno solo oligarchi e servi della gleba; cosa questa che va benissimo alla “presentabile” sinistra. Insomma Direttore, hanno ragione Guzzanti, Cicchitto e la Gelmini, il “loro” centrodestra manca di cultura politica, e la riprova che non teme smentite è costituita dal combinato disposto della loro dirigenza e di quella del centrosinistra che hanno insieme compiuto il capolavoro della caduta dell’Italia. Il loro appello per l’acquisto di cervelli mi appare,in conclusione, del tutto strumentale. Tuttavia esso costituisce una ulteriore conferma che, l’ambizioso traguardo di riunire cento intelletti, come proposto dal manifesto de L’Opinione sia, caro Direttore, una dovuta e autonoma risposta programmatica alle necessità di questa nostra Italia.


di Giuseppe Blasi