Al quadrato del Pd manca un lato

venerdì 5 aprile 2013


Pier Luigi Bersani è stato previdente. Ha sfruttato il Porcellum, che non ha voluto modificare perché convinto di avere la vittoria in tasca, per disegnare con la lista bloccata una rappresentanza parlamentare a propria immagine e somiglianza. Agli avversari ed ai concorrenti interni ha lasciato solo le briciole: un po' di deputati e senatori ai renziani, un po' agli ex margheritini, pochissimo ai veltroniani, ai prodiani, ai liberal ed agli stessi dalemiani. Ma nella sua previdenza pre-elettorale Bersani non ha calcolato che nel corso degli anni il suo Partito Democratico è diventato molto simile a quella Democrazia Cristiana che, a detta di Giulio Andreotti, formava dei quadrati a cui mancava sempre un lato. Cioè non ha messo in conto che, sia pure piccolo, il lato mancante del Pd nel quadrato realizzato dalla segreteria attorno alla propria linea politica può risultare decisivo.

Ed oggi oggi, dopo la sortita di Matteo Renzi ed i mugugni di tutte le minoranze compresse presenti nel partito, scopre che a causa di quel maledetto e non calcolato lato mancante difficilmente può eleggere, con qualche transfuga grillino e qualche fiancheggiatore nascosto della sinistra montiana, il Presidente della Repubblica destinato ad assicurargli palazzo Chigi alla guida di un governo di minoranza. Certo, Bersani non avrebbe mai potuto immaginare che la vittoria data per scontata sarebbe stata così risicata da apparire una sostanziale sconfitta tale da non dargli la maggioranza anche al Senato. E, soprattutto, non avrebbe mai potuto prevedere che il Movimento Cinque Stelle avrebbe raggiunto le dimensioni attuali conservando testardamente la sua caratteristica di forza anti-sistema e rifiutandosi di diventare la stampella di sinistra del partito votato per diritto divino fin dai tempi di Enrico Berlinguer a governare il paese.

Invece l'imprevedibile è successo. La vittoria è risultata fasulla e Beppe Grillo si è rifiutato di piegarsi al diritto divino accontentandosi di mettere il proprio movimento al servizio di Sua Maestà Partito Democratico. Ed ora il lato mancante del quadrato interno, sia pure tenuto in dimensioni ridotte dall'uso accordo del Porcellum, rischia di diventare il fattore determinante del probabile fallimento del progetto bersaniano di sostituire Napolitano con un vassallo prono agli ordini del “tortellino magico”. Naturalmente è ancora presto per dare per persa la disperata battaglia che il segretario del Pd sta conducendo con il suo gruppo di stretti collaboratori per tenere il partito, occupare le istituzioni, gestire il governo, mandare in galera Berlusconi e normalizzare i grillini trasforndaoli da forza anti-sistema in puntello del proprio sistema. Bersani, bisogna riconoscerlo, è uno tosto e che non si arrende tanto facilmente.

Né a Grillo, né tanto meno a Matteo Renzi ed agli altri avversari interni. Ma in tanta "tostaggine" c'è un punto di debolezza che il segretario del Pd sembra non avere considerato abbastanza. Si tratta dell'insofferenza montante dell'opinione pubblica per una situazione di paralisi politica che rischia di aggravare irrimediabilmente la crisi ed i sacrifici che essa comporta. La maggioranza degli italiani ha ormai ben chiaro che la causa della paralisi non è l'indisponibilità di Grillo a diventare stampella del Pd ma la pretesa di Bersani di vedere riconosciuto dalle altre forze politiche il diritto divino del suo partito a governare da solo il paese. È ora che il segretario del Pd prenda atto di questa realtà. Prima che l'onda lo travolga e riduca in pezzi il Partito democratico.


di Arturo Diaconale