giovedì 28 marzo 2013
Tutto si può dire di Pier Luigi Bersani tranne che sia uno sciocco. Il segretario del Pd sa bene che l'unica possibilità di dare vita ad un governo a propria guida passa attraverso un accordo con il centro destra vista l'indisponibilità del Movimento Cinque Stelle a rinunciare al suo comodo ruolo di opposizione per diventare forza di governo. Ma sa altrettanto bene che se vuole entrare a Palazzo Chigi con la prospettiva di non restarci lo spazio di un mattino ed uscirne segnato a vita dal marchio di “inciucista” lanciatogli dai grillini e dalla parte più oltranzista della sinistra italiana, deve necessariamente nascondere, mimetizzare, sotterrare il più profondo possibile l'accordo con il Pdl. E continuare a fare la faccia feroce con il Cavaliere bollando lui ed i suoi seguaci ed elettori con quell'accusa di impresentabilità che è diventata la parola d'ordine della sinistra oltranzista italiana e che nei fatti rappresenta una sorta di conventio ad excludendum per un centro destra da ricacciare nel ghetto della politica nazionale.
Di qui la sua idea di avere il via libera da parte del Pdl per un governo con personalità care al giacobinismo ed al grillismo italiaco in cambio di una vaga promessa di un nuovo Presidente della Repubblica non di parte e, soprattutto, di una commissione destinata a preparare la riforma della seconda parte della Costituzione guidata da Silvio Berlusconi. Molti pensano che dell'accordo da nascondere, mimetizzare e sotterrare l'aspetto più significativo riguardi il futuro Capo dello Stato. Ma non è affatto così. Bersani non può favorire l'elezione di un candidato moderato perché se lo facesse renderebbe pubblico l'accordo sotterraneo. Può, al massimo, concedere al Pdl un personaggio equilibrato ma sempre espressione della sinistra (Marini, Grasso, ecc.). E si rende conto che al centrodestra una concessione del genere non può assolutamente bastare. Per cui ha pensato di spostare il centro dell'accordo sulla commissione delle modifiche costituzionali trasformando l'assicurazione che a presiederla sarebbe il Cavaliere in una sorta di salvacondotto per Silvio Berlusconi. Come se, da presidente di questa nuova Bicamerale , il leader del Pdl diventasse immune dagli strali in arrivo della giustizia politicizzata o in cerca di visibilità mediatica.
L'esca lanciata dal segretario del Pd è in apparenza allettante. Ma solo in apparenza. Perché presiedere una Bicamerale sia pure mascherata da commissione istituzionale non ripara da nessuna sentenza o da nessuna eventuale richiesta d'arresto. E, soprattutto, perché l'esigenza prioritaria del centro destra non è quella di salvaguardare il proprio leader dalle bordate della magistratura ma quella di rompere la conventio ad excudendum che all'insegna dell'impresentabilità viene pesantemente esercitata da una minoranza nei confronti di una parte consistente dell'elettorato italiano. L'esca del salvacondotto per Berlusconi, dunque, va respinta. Perché se l'interesse politico di Bersani è di nascondere il più possibile l'accordo con il Pdl, l'interesse di quest'ultimo e dell'intero arco di forze estraneo alla sinistra (centristi compresi) è l'esatto opposto. L'accordo da cui può nascere il governo, in sostanza, va evidenziato, sbandierato, esaltato. Perché sono rendendolo più evidente possibile si possono abbattere le mura che ghetto in cui la parte più ottusa ed estremista della sinistra vuole richiudere i suoi oppositori. Questo significa togliere un possibile scudo protettivo a Berlusconi? Niente affatto. Significa costringere Bersani a fare ciò che il Pd rinvia da tempo immemorabile: uscire dall'ossessione di non avere nemici a sinistra e fare finalmente i conti con l'estremismo paranoico della sinistra alla Battiato.
di Arturo Diaconale